Non solo il convegno al Fatebenefratelli, si parla del fine vita anche al cinema, a teatro e nei libri.

di Renato Aiello

Sabato 7 aprile 2018 dalle ore 9, presso l’Auditorium dell’Ospedale Buon Consiglio Fatebenefratelli di Napoli, ci sarà l’evento FADOI (Federazione Delle Associazioni Dei Dirigenti Ospedalieri Internisti) dedicato al Fine Vita. Una tematica questa,  molto delicata e di gran lunga attuale. L’iniziativa, patrocinata dal Ministero della Salute, si celebrerà contemporaneamente in tutta Italia, e aprirà dibattiti e riflessioni sulle recenti direttive legislative, sui modelli organizzativi e socio-assistenziali idonei sul territorio, la bioetica, le terapie palliative, la terminalità. La morte rappresenta la fine assoluta dell’individuo, e la fase terminale della propria vita  è un momento importantissimo,  e va sostenuto da un’etica di ‘accompagnamento’, che permetta al malato di vivere con dignità il tempo che gli resta. Il paziente in fase terminale (e non si parla solo di malato oncologico), a causa dell’avanzare del male, vede progressivamente deteriorare il suo fisico, una  oggettiva devastazione,  e inizia ad accusare il disagio, a provare il senso di impotenza che,  spesso,  è visibile sullo sguardo di chi gli è accanto. Da qui, l’etica di fine vita include la considerazione sul “come” vivere lo spazio che ci separa dalla fine. Unire quindi la prospettiva meramente medica dei trattamenti con quella umanistica. Un recupero più umano e meno medicalizzato, ‘prendersi’ cura, focalizzarsi sui bisogni del malato e non occuparsi solo dei sintomi o dei suoi organi. La gran parte delle morti prevedibili, avvengono negli ospedali, per lo più ricoverati in reparti di Medicina Interna, che annovera pazienti patologici complessi, e la FADOI, sta cercando di migliorare la formazione degli internisti sulle cure del fine vita. Fondamentale è la condivisione degli obiettivi che prevede lavoro d’équipe multidisciplinare per definire i ruoli di cura e di aiuto, evitare l’accanimento terapeutico e restituire dignità al morente. Nella giornata FADOI dedicata al Fine Vita- commenta Andrea Fontanella, Presidente Fadoi Nazionale, – sarà presentata e discussa una diapositiva con il Decalogo Fadoi sul Fine Vita, elaborata da una commissione di Internisti e condivisa con la Presidenza Nazionale e dai Presidenti Regionali.

 

In questi anni libri e film sono stati dedicati all’argomento. Basti pensare al testo edito da Marotta e Cafiero due anni fa sul caso Welby, dal titolo “L’ultimo gesto d’amore”, scritto da Mina Welby, moglie di Piergiorgio, con Pino Giannini che racconta questa lotta per la libertà, mostra quanta vita può manifestarsi in una morte e tutto l’amore dell’accettare un addio. Il caso di Piergiorgio Welby che, bloccato ad un letto d’ospedale per sopravvivere, lottò per il suo diritto ad una “morte opportuna”, introdusse al mondo il dibattito sull’eutanasia. Era il 20 dicembre del 2006 quando riuscì finalmente ad abbandonare la vita ma, dopo più di dieci anni, le polemiche sulla sua morte e sulla sua battaglia non sono cessate. Mina Welby ha deciso di amare fino alla fine, rispettando la persona amata anche nella sua scelta di una “morte opportuna”. Il libro ripercorre tutti i momenti di questa vicenda: un caso che ha scosso le scienze e le coscienze, in Italia e non solo, ponendo con urgenza questioni giuridiche, sociali ed etiche ancora irrisolte. Pagine potenti e delicate che coinvolgono per la loro autenticità. Una straordinaria storia d’amore nella quale la malattia è quotidianamente contrastata dall’argine sicuro dei sentimenti. La critica nel 2016 fu molto positiva: Una storia d’amore che mi è entrata dentro, e non è uscita più. Come capita per le storie importanti che leggi o ascolti”, disse Roberto Saviano”. Siamo di fronte a una storia d’amore, non di morte” disse Don Andrea Gallo, mentre “Penso che questo libro dovrebbe essere un libro prezioso da dare a tutti gli studenti della mia facoltà, che è Lettere e Filosofia e, perchè no, anche a quelli di Legge o Fisica” fu il commento di Giulio Giorello.

 

A dicembre 2017 al Teatro Nuovo di Napoli andò in scena Accabadora, tratto da uno dei più bei romanzi di Michela Murgia, tra i più letti in Italia negli ultimi anni, per la regia di Veronica Cruciani e l’adattamento di Carlotta Corradi. Accabadora è una storia d’amore tra una figlia e una madre, non la madre naturale, ma l’altra madre. I due grandi temi dell’eutanasia e della maternità surrogata si compenetrano armoniosamente nel testo, creando un forte ambito di riflessione in cui centrali sono l’affetto e la crescita. Una vicenda delicata ambientata in un paesino immaginario della Sardegna, dove Maria, all’età di sei anni, viene data a Bonaria Urrai, una sarta che all’occasione fa l’accabadora, ossia aiuta le persone in fin di vita a morire.

Al cinema, sempre l’anno scorso, invece è stata la volta di “Il Giorno più bello”, diretto e interpretato da Florian David Fitz, e con Matthias Schweighöfer e Alexandra Maria Lara, già nota quest’ultima al grande pubblico per la sua partecipazione al film candidato all’Oscar “La Caduta” e per l’ultimo film di Francis Ford Coppola, “Un’eterna Giovinezza”. Al centro della storia, già da tempo disponibile su Sky Cinema anche on demand, due giovani malati terminali molto anticonvenzionali, Andi (Matthias Schweighöfer) ambizioso e bizzarro pianista e Benno (Florian David Fitz) spensierato avventuriero. Scappati dalla clinica che li ospita e racimolato il denaro necessario, i due si mettono in viaggio verso l’Africa, alla ricerca dell’ultimo e più bel giorno delle loro vite. La loro avventura li porterà a vivere situazioni tragicomiche fra gag irresistibili e momenti di profonda riflessione, e li condurrà al compimento di un piano segreto. The Most Beautiful Day non è un film sulla morte. Al centro di questa storia c’è la vita, nonostante i suoi protagonisti abbiano ricevuto la notizia della malattia. È una commedia che sa ironizzare sugli ultimi giorni della propria esistenza, sul viaggio alla ricerca del proprio giorno più bello, che è nel nostro futuro o nei nostri ricordi. Andi e Benno fuggono dalla clinica in cui sono ricoverati perché stanchi di aspettare, intraprendono un viaggio perché capiscono che la malattia non li identifica, e non deve ostacolarli. La loro scelta è l’affermazione della propria libertà e della propria dignità di persone prima che di malati. Non è un rifiuto nei confronti della vita, ma un atto di ribellione verso l’attesa della morte su di un letto di ospedale. La loro determinazione li porta a rigettare questa idea e consapevolmente a ridurre i mesi, i giorni che rimangono rifiutando le cure della clinica e le medicine. Si fa un gran parlare di eutanasia, la dolce morte. E le opinioni si spaccano sempre in due, tralasciando le infinite possibilità, e il personale senso della vita che ognuno può avere. The Most Beautiful Day mostra un punto di vista diverso, nuovo, originale e divertente. Poetico e mai banale, questo road movie, prodotto da Warner Bros e campione di incassi in Germania con 15 milioni di euro, è un concentrato di risate e commozione, avvincente, emozionante e carico di sex appeal e ironia. Il film arrivò in Italia in un momento in cui il tema della fine della vita (era marzo del 2017) si trovava al centro del dibattito politico e sociale. Come affermò lo stesso regista Fitz: “Abbiamo portato il pubblico a pensare, con un film che commuove, emoziona e diverte. Questa commedia è un inno all’amicizia e alla vita, oltre che un incitamento a viverla fino in fondo. Al centro di ‘The Most Beautiful Day’, infatti, c’è la vita stessa.”

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