Governo, Mattarella convoca la Presidente del Senato Alberti Casellati, verso un incarico esplorativo.

da Tribuna Politica Web

Maria Elisabetta Alberti Casellati è stata convocata alle 11 al Quirinale. Il capo dello Stato  dovrebbe affidarle un incarico esplorativo.

Il Presidente della Repubblica, Sergio  Mattarella, stringe i tempi e oggi dovrebbero terminare i giorni  concessi ai partiti dopo il secondo ciclo di consultazioni per  ulteriori confronti e trattative e il Capo dello Stato dovrebbe  prendere e annunciare le sue decisioni “per uscire dallo stallo che si registra”. Sembra in calo l’ipotesi di un pre-incarico a Luigi Di Maio o a Matteo Salvini, mentre appare più probabile che si vada  sull’incarico esplorativo, con al momento un orientamento che appare  prevalente per la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti  Casellati, senza che tuttavia l’omologo della Camera, Roberto Fico,  possa essere considerato fuori dai giochi.       

E’ chiaro che si tratta di due possibilità che presentano anche  diversi risvolti politici. Scegliere Casellati significherebbe infatti riconoscere una primazia al centrodestra nel tracciare la strada per  un prossimo governo, sgombrando il campo in partenza anche da  conventio ad excludendum nei riguardi di Silvio Berlusconi. Viceversa, la chiamata di Fico potrebbe porre M5S nella condizione di condurre il gioco per la formazione del prossimo esecutivo, magari orientandosi  sul ‘forno’ del Pd, aprendo tuttavia possibili fratture all’interno  dei Cinquestelle.

E nelle ultime ore si comincia a ipotizzare che il Capo dello Stato  potrebbe chiamare come ‘esploratore’ un terzo candidato. Un nome e un  profilo che suscitano diversi interrogativi nei vari palazzi della  politica e che potrebbero trovare risposta nella figura di Franco  Modugno, giudice costituzionale dal dicembre 2015.      

Ad indicarlo per la Consulta, quando il Parlamento dopo  vari scrutini andati a vuoto non riusciva ad eleggere tre membri per  la Corte, furono proprio i Cinquestelle e alla fine risultò il più  votato con 609 preferenze, frutto di un accordo tra M5S, centristi e  Pd, ma senza centrodestra, che vide nominati anche Giulio Prosperetti  e Augusto Barbera.       

Ottanta anni il prossimo maggio, laureatosi alla Sapienza nel 1961 con una tesi discussa con Massimo Severo Giannini, Modugno è uno dei  principali costituzionalisti italiani. Ha dedicato tutta la sua vita  all’insegnamento del diritto costituzionale, muovendo i primi passi  alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Teramo, per poi  passare a quelle di Macerata e Salerno (dove è stato anche preside)  fino al rientro a Roma nel 1975 come preside della Facoltà di Scienze  Politiche. Nel 1979 ha iniziato anche a insegnare alla Luiss, mentre  nel 2011 è stato nominato professore emerito di diritto costituzionale alla ‘Sapienza’.

Per ora appare soltanto un’ipotesi lontana, che potrebbe diventare più concreta anche in una seconda fase della crisi. Si tratta infatti di  capire se il Capo dello Stato decida di chiamare una personalità del  genere per un incarico esplorativo o magari per una scelta che più  avanti porti alla costituzione di un governo, con una chiara  maggioranza politica o con una connotazione più istituzionale.

E nell’uno come negli altri casi ci si chiede  naturalmente se il nome di Modugno possa essere quel “qualcun altro”  che il segretario della Lega, Matteo Salvini, sarebbe disposto ad  appoggiare alla guida del governo come figura terza. Anche se il  leader del Carroccio non manca poi di sottolineare che Casellati “di  sicuro può fare un buon lavoro”.

Quasi per far intendere che al momento il centrodestra continua a  ritenersi destinatario di una prima chiamata da parte del Capo dello  Stato, anche nella fase di un incarico esplorativo.

In quest’ottica non sarebbe comunque totalmente da escludere un  ritorno in auge del nome del leghista Giancarlo Giorgetti, al quale  Mattarella potrebbe rivolgersi per tentare di formare un governo che  parta dal riconoscimento del centrodestra come schieramento più forte  e che non sia guidato da un esponente non eletto. Condizione posta a  più riprese sia da Salvini che da Di Maio.

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