La storia va verso la comunicazione, ma è sempre l’uomo che comunica, il messaggio del Cardinale Sepe ai giornalisti.

“Siamo in un’epoca dove la storia va verso la comunicazione, ma non dobbiamo dimenticare che la tecnologia è solo uno strumento, ed è sempre l’uomo quello che comunica, perciò occorre avere senso di responsabilità soprattutto verso i destinatari della comunicazione.”

Questo il senso dell’intervento dell’Arcivescovo di Napoli, Cardinale Crescenzio Sepe, intervenuto al seminario formativo organizzato dall’Ordine dei Giornalista della Campania insieme all’UCSI (Unione Cattolica Stampa Italiana) intitolato “Periferie dell’informazione e periferie delle città”, al quale hanno preso parte, oltre al presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania Ottavio Lucarelli ed al Presidente UCSI Campania Giuseppe Blasi, Don Francesco Occhetta, giornalista e sacerdote, gesuita, allievo del Cardinale Martini, e Domenico Iannacone, giornalista Rai con esperienze a Ballarò ed a Presa Diretta e curatore del programma I Dieci Comandamenti, in onda su Rai 3.

Numerosi gli spunti di riflessione offerti dal dibattito, da una parte il tentativo di sintetizzare in concetti chiave le nuove linee di condotta dovute all’avvento delle nuove tecnologie che hanno ribaltato il rapporto preesistente tra periferie e centro, adottando un modello a nodi, dall’altra l’esperienza di chi è stato sul campo e ritiene che debba sempre esserci uno spazio per la coscienza e l’empatia del giornalista.

Durante il dibattito è stato proiettato un estratto della puntata de “I dieci comandamenti” intitolato “L’altro mare”, dove Iannacone trascorre una giornata al “Lido Mappatella” di Napoli, cioè la spiaggia sul lungomare di Mergellina, incontrando bagnanti, ambulanti ed addetti, in un contesto in cui il confine tra legalità ed abusivismo è molto labile.

Non è mancato infine il contributo dell’Arcivescovo di Napoli che ha raccontato del suo colloquio con il Papa, che gli ha chiesto di rimanere a Napoli altri 2 anni, e della sua esperienza come curatore dell’Ufficio Informazioni e Relazioni con i media del Vaticano, e di quando fece credere, scherzando, al neoeletto Giovanni Paolo II, che fosse un ufficio di spionaggio, comepurtroppo all’epoca c’erano in Polonia.

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