Direttori Musei, Pepe (Fareambiente): bene politica di Franceschini.

Pompei: riapre Palestra Grande con FranceschiniIl sistema dei Beni culturali in Italia è da anni in una grossa empasse, ben venga la nuova politica intrapreso dal ministro Franceschini che ha deciso, anche se non con poche critiche, quello di scegliere tramite bando internazionale i 20 direttori dei principali poli museali nazionali, afferma Vincenzo Pepe,presidente di Fareambiente.

Secondo quando stabilito nella nuova norma sui beni culturali   per i  20 musei, dotati di autonomia speciale, il direttore è stato  scelto con una selezione pubblica internazionale tra persone di comprovata qualificazione professionale nel settore del patrimonio culturale ed elevato nella gestione degli istituti della cultura in Italia o all’estero.

E’ vero in Italia ci sono tanti esperti qualificati, ma vien da chiedersi hanno partecipato al bando? Hanno esperienza di management oppure sono solo studiosi?

Troppo spesso usiamo un falso campanilismo, afferma   Vincenzo Pepe , è necessario “sprovincializzarci “ se vogliamo  che l’Italia riacquisti la sua leadership nel mondo della cultura e del Turismo, l’epoca di conservare  tutto sotto un a campana di vetro è passata. Non è possibile continua Pepe, che nella lista che stila ogni anno la rivista di settore  the art newspaper  non vi sia la presenza di Musei o poli museali italiani ( presenti solo i musei vaticani). La cultura se gestita in modo corretto porta economia.
Negli anni, abbiamo sempre sottolineato la necessità di un cambio di rotta, uno degli scandali maggiori è sempre stato il museo di Paestum, dove i templi sono stati lasciati alla merci dei visitatori e che conta solo 243 mila e rotti visitatori. Ben venga quindi un giovane studioso tedesco esperto non solo di archeologia ma anche e soprattutto di management. Con il nuovo sistema, è stato superato le vecchie logiche interne di burocrati e studiosi. Uno dei punti dolenti dei nostri beni culturali è proprio quello della gestione, da come emerso dal nostro rapporto annuale sui beni culturali, continua Pepe, gli incassi ottenuti sono alquanto esigui, infatti, un terzo degli istituti incassano annualmente  dalla vendita  dei biglietti in media  20.000 euro.  Solo le grandi strutture che hanno in media 500.000 visitatori, riescono ad incassare ognuna oltre un milione di euro , mentre un quarto degli enti realizza non più di 10.000 euro all’anno.  Se si considera che in media ogni struttura ha 5 dipendenti, si capisce come esse siano sempre in deficit. Le spese di funzionamento ordinario rappresentano più del 90% dei costi sostenuti dagli istituti per il 23,2% dei rispondenti Dato determinato sicuramente dalla scarsa managerialità dei direttori, infatti il dato eclatante è stato come nel 2011 il 10%  dei beni culturali statali non abbiano  registrato entrate dalla vendita dei biglietti.

Dati sottolineati anche dall’indagine  che abbiamo condotto  che ha visto coinvolti in prima persona i   fruitori .Le motivazioni di questa quasi insoddisfazione è determinata  molto dallo scarso livello dei servizi. Le principali lacune sono state rinvenute nella scarsa professionalità ( 45%  al sud e tale dato sale al 56%), ma anche per la  scarsa pulizia dei servizi igienici  34%). La insoddisfazione è dovuta nel complesso alla gestione dei siti.

Il 55% afferma che i beni culturali sono poco valorizzati, il  29% sono sottoutilizzati, per ben il 12% sono gestiti male, e solo il 4% ritiene che sono utilizzati la meglio.

Alla  domanda su quale sia la differenza fra beni culturali nazionali e quelli stranieri, il 35% ritiene che quelli stranieri anche se meno di pregio sono più valorizzati. Per il 28% la differenza sta nella gestione, quelli esteri hanno una gestione più efficiente. Il 22% ritiene che i dipendenti dei siti italiani sono poco  professionali.