Ferrovie dello Stato: si dimette in blocco il CdA. Padoan: via alla privatizzazione.

+ Fs: fonti, dimesso intero cda, azzerati vertici ++Tutto il Consiglio di amministrazione di Ferrovie dello Stato Italiane si è dimesso, con il conseguente azzeramento dei vertici. Lo conferma l’azienda in una nota, aggiungendo che un’assemblea per la nomina del nuovo Consiglio sarà convocata il più presto possibile.

Tra i possibili candidati per la guida di Fs circola da tempo il nome di Renato Mazzoncini a.d. di Busitalia.

Provvederemo rapidamente alla nomina del management chiamato a condurre la società nel processo di valorizzazione avviato formalmente con il DPCM varato questa settimana dal Governo” sulla privatizzazione di Ferrovie dello Stato. Lo afferma il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan in una nota sulle dimissioni del cda di Fs.

Padoan ha ringraziato il management. “A tutti gli amministratori, e in particolare a Marcello Messori e a Michele Elia nei rispettivi ruoli di presidente e amministratore delegato, va la gratitudine del Governo per il lavoro svolto”. In una nota si precisa che il ministro ha apprezzato la scelta del management e dell’intero consiglio di amministrazione di Ferrovie dello Stato di fare un passo indietro rinunciando al proprio incarico nella società.

Pronta ai nastri di partenza anche la privatizzazione di Ferrovie dello Stato. Dopo il debutto in Borsa di Poste e in attesa dello sbarco sul mercato di Enav (entro metà 2016), può finalmente partire l’ultima delle grandi operazioni del Piano privatizzazioni del Governo. Il consiglio dei ministri del 23 novembre ha approvato il Dpcm che avvia il percorso per aprire ai privati fino al 40% del capitale dell’ex monopolista pubblico, che ha un valore stimato in circa 45 miliardi. Manca però ancora la definizione del perimetro di ciò che verrà quotato: quello che è certo è che la rete ferroviaria resterà pubblica.

Il provvedimento varato da Palazzo Chigi, che ora dovrà passare in Parlamento per poi tornare in cdm, si limita a stabilire la cessione di una quota fino al 40% del capitale (anche in più fasi) e fissa alcuni “paletti”: la proprietà dell’infrastruttura ferroviaria resterà pubblica – ha spiegato Delrio – e va garantita l’indipendenza completa del gestore della rete (“anche un’indipendenza societaria rafforzata”); vanno garantiti tutti i servizi di pubblica utilità; e la piena maggioranza da parte dell’azionariato dello Stato, cioè il 40% andrà in mano ad azionariato diffuso e sarà aperto anche alla partecipazione dei dipendenti (per loro potranno essere previste forme di incentivazione).
La privatizzazione, confermata per il 2016, sarà l’occasione – sostiene Palazzo Chigi – per migliorare e rendere più efficienti i servizi per i cittadini e anche per rafforzare l’azienda.

Resta ancora da stabilire quello che verrà quotato: se sarà la sola “Trenitalia o Trenitalia più una quota di Rfi scorporata”, questo è un lavoro che verrà fatto nelle prossime settimane, ha spiegato Delrio, precisando che comunque, “visto che la rete rimarrà pubblica e che sul gestore c’è aperta una riflessione su come rafforzarne l’indipendenza”, la vendita “riguarda essenzialmente i servizi a mercato”.
Una decisione da rimandare anche perché nel frattempo c’è un altro nodo da sciogliere: le divisioni tra i vertici di Fs sulla privatizzazione, con l’a.d. Michele Mario Elia che difende l’unicità del gruppo e il presidente Marcello Messori favorevole ad uno scorporo di Rfi.

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