La notte blu del tram, da un racconto di Patroni Griffi, dal 5 al 15 marzo al Ridotto.

781_patroni griffi Debutta giovedì 5 marzo, con repliche fino a domenica 15, al Ridotto del Mercadante, lo spettacolo La notte blu del tram, di Giuseppe Patroni Griffi, messo in scena nell’ambito del ciclo Storie naturali e strafottenti con la regia di Pino Carbone, quinto e ultimo appuntamento della rassegna dello Stabile dedicata allo scrittore napoletano nel decennale della scomparsa.

Interpreti dello spettacolo Francesca De Nicolais, nel ruolo di Eugenio, e Giovanni Del Monte, in quello dell’Uomo. Le scene sono di Luigi Ferrigno; costumi di  Zaira de Vincentiis; il disegno luci diGigi Saccomandi; le installazioni di scena di Luca Carbone; la produzione del Teatro Stabile di Napoli.

Scritto nel 1948, La notte blu del tram è il racconto della scoperta della sessualità per il tredicenne Eugenio (come lo sarà poi per l’Ernesto, di U. Saba, del 1953, che farà la stessa esperienza), e del suo incontro, apparentemente casuale, con un signore durante il tragitto in tram ritornando a casa. Profondamente turbato dall’episodio che lo ha rivelato a se stesso e dallo sconosciuto, in un tumulto di emozioni ancora confuse e spinto dalla curiosità, Eugenio ritorna sui luoghi del primo incontro.

Nelle sue note il regista scrive: «C’era una volta un ragazzino di tredici anni. Calpesta foglie secche per scaramanzia, cammina per strade isolate per godere del senso di pericolo, chiude gli occhi per non guardare il suo corpo che cresce. Un ragazzino con i calzoni troppo corti che cammina alla scoperta della sua sessualità, dei suoi giochi che diventano la sua vita, diventano i suoi sogni/incubi, diventano le sue preghiere e le sue bestemmie a se stesso. C’era una volta un uomo dalla voce rassicurante. Un uomo che appare grande, enorme, agli occhi del ragazzino. Un uomo che passeggia in su e in giù fingendo di ammazzare il tempo, che sa urtare sbadatamente tra le sue gambe, che sa fermarsi e fissare, che sa come sorridere, sa come accarezzare, sa come entrare nei sogni/incubi di un ragazzino. Una fiaba senza morale. Che non tiene conto del senso comune di moralità, e che soprattutto non vuole insegnarla a nessuno. Un racconto che diventa una storia, che diventa spazio in cui agire, che diventa corpo vivo».