Spirale del silenzio anche sui social. Su questioni politiche si preferisce non esprimersi.

Gli utenti che su Facebook credono di avere amici in linea con le loro opinioni hanno una predisposizione doppia a condividere online il proprio pensiero rispetto a quelli che ritengono di pensarla diversamente dai propri contatti. La probabilità che chi usa regolarmente il social condivida la propria opinione nella vita reale, inoltre, è circa la metà rispetto a chi non frequenta i social network.

A dirlo è lo studio ‘I social media e la spirale del silenzio’ del Pew Research Center.

La ‘spirale del silenzio’, teorizzata dalla sociologa tedesca Elisabeth Noelle-Neumann nel ’74, descrive la tendenza di una persona a non parlare di questioni politiche se ritiene che i suoi interlocutori – familiari, amici, colleghi – la pensino in modo diverso. I ricercatori hanno testato la teoria sui social per vedere se le relazioni virtuali offrissero spazio a chi ha opinioni minoritarie. Stando ai risultati, l’86% degli americani è disposto ad esempio a discutere del Datagate nella vita reale, ma solo il 42% è disposto a farlo su Facebook e Twitter. Del 14% che non ne parlerebbe di persona, solo lo 0,3% lo farebbe sui social.

Sempre secondo lo studio, chi usa Facebook e Twitter più volte al giorno è anche meno propenso a condividere le opinioni offline, soprattutto se pensa che amici e follower virtuali abbiano un pensiero diverso. Secondo i ricercatori, “questo suggerisce che la spirale del silenzio potrebbe propagarsi dai contesti virtuali a quelli reali”. Ma può anche significare che “l’ampia consapevolezza che gli utenti dei social hanno delle proprie reti li rende più restii a parlare perché sono particolarmente sintonizzati sulle opinioni di chi li circonda”. (ANSA)

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