VII Evento Culturale a Castel Gandolfo in onore del Sommo Pontefice Sua Santità Papa Francesco Santa Teresa D’Avila nel V centenario della nascita interpretata dal M° Francesco Guadagnuolo

“Santa Teresa D’Avila” è il titolo del VII Evento Culturale in onore del Sommo Pontefice Sua Santità Papa Francesco del M° Francesco Guadagnuolo che si svolgerà nei suggestivi spazi della Cripta della Chiesa Pontificia San Tommaso da Villanova di Castel Gandolfo sabato 13 settembre 2014 alle ore 17,30 alla presenza del Cardinale Angelo Comastri, in occasione dei 500 anni dell’anniversario dalla nascita della Santa.

Le opere su “Santa Teresa D’Avila” del Maestro Guadagnuolo raggruppano un ampio arco della vita della Santa, la conversione, la mistica, l’estasi. É stata appositamente voluta anche per ricordare l’opera, l’eredità, la dottrina e il pensiero della fondatrice dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi. É da qui che si sviluppa il progetto-mostra che ha tipologia itinerante e che, dopo l’Evento a Castel Gandolfo, si sposterà a Roma, in Spagna ed in altre Nazioni. Si inserisce nei territori in cui visse la Santa con la sua immagine creata da Guadagnuolo nella nuova veste iconografica capace di dialogare con l’arte del nostro tempo.

La Mostra quindi, per il suo particolare carattere, si presenta come un evento mondiale, con diversi codici di lettura, che permette di osservare Santa Teresa D’Avila attraverso l’espressione artistica del Maestro Guadagnuolo che porta avanti da molti anni la sua esperienza di ricerca all’interno dell’arte sacra contemporanea e al suo richiamo storico.

Arte e fede si fondono nell’opera di Guadagnuolo verso una sublime poliedrica estetica che caratterizza l’ingegno artistico. La mostra internazionale di Guadagnuolo avrà modo di far conoscere e vivere l’esperienza di questa grande mistica nel V centenario della nascita e avvicinare credenti e non credenti alla figura di Santa Teresa di Gesù.

L’Evento a Castel Gandolfo, è organizzato dall’Associazione dei Nuovi Castelli Romani in collaborazione con la Chiesa Pontificia San Tommaso da Villanova e con il Patrocinio dei Comuni dei Castelli Romani, degli Enti Sovracomunali e della Presidenza della Giunta della Regione Lazio, si presenta di particolare interesse, per la sua tipologia divulgativa e culturale, poiché consente di leggere in modo attuale Santa Teresa D’Avila.

Segue il testo critico di Franco Campegiani:

 

Santa Teresa d’Avila nel realismo pittorico di Francesco Guadagnuolo

 

Questi dipinti di Francesco Guadagnuolo dedicati a Santa Teresa d’Avila parlano il linguaggio inconfondibile dell’ascesi e della trascendenza, ma portano anche il segno della sofferente condizione umana. Una simbiosi (umano/divina, divino/umana) che direi costante nella drammaturgia cristiana di ogni tempo e paese, sorta negli echi del Golgota, sulla scia dell’urlo di Cristo sulla Croce. Queste tavole pongono in luce le tensioni spirituali di una scrittrice e mistica spagnola del Cinquecento, nel periodo della Riforma Cattolica, più o meno contestuale alla Controriforma e alla Riforma luterana. Le vicende contrastate di quelle fasi storiche non lasciano tracce dirette nelle suggestive immagini del noto pittore siciliano, ma sono implicitamente presenti nei risvolti angosciosi del mistico ardore della Santa, di quel suo interiore travaglio che raccoglie le lacerazioni del tempo, facendone germogliare semi di prodigiosa vita spirituale.

E sta qui, in questa passione sacrificale, che in fondo evoca l’epopea del Calvario, il realismo sconcertante di ogni autentica ascesi cristiana. Qui che si radicano le più felici intuizioni artistiche cristiane d’ogni luogo e tempo; qui che s’annida lo stesso verismo pittorico di Francesco Guadagnuolo. Si pensi, per fare un esempio, al realismo vivo e sanguigno della Commedia dantesca, non a caso definita divina. E poi si pensi al misticismo crudo e corposo di Jacopone da Todi, alla sua spiritualità tormentosa e ruvida, addirittura brutale. Nel misticismo cristiano non troviamo quella rarefazione e negazione del mondo che possiamo trovare in altre forme di ascesi, come ad esempio in quelle del buddismo nirvanico (e dico questo sospendendo ogni giudizio, per il rispetto dovuto alla grande e vetusta tradizione orientale). Il Cristianesimo non predica l’abbandono del mondo, bensì il superamento di esso, vivendolo: il suo attraversamento e non la sua mortificazione (senza cedere – è ovvio – alle lusinghe e alle illusioni che il mondo propina).

Nella cultura contemporanea è il filosofo danese Soren kierkegaard a sostenere che la diretta e angosciosa sperimentazione dei limiti, fino al limite estremo della morte, è il viatico per accedere ai territori altrimenti inaccessibili dello spirito divino. Occorre che la carne si sfaldi e dolorosamente torni nella polvere, nel terriccio informe, perché si possa sperimentare la pienezza e la gloria della vita spirituale. Ed è questo l’esistenzialismo in cui si radica la poetica di Francesco Guadagnuolo. Alcuni critici (Antonio Gasbarrini in particolare), esaminando la sua poetica, hanno adottato il termine Transrealismo, con allusione ad una visionarietà non evasiva ed onirica, ma di taglio radiografico sulla complessità e frammentarietà del vivente. L’artista siciliano confluisce infatti con timbri e peculiarità singolarissime nelle atmosfere del realismo contemporaneo, partecipando alla crisi e all’angoscia dei nostri tempi senza naufragare nel Nulla, ma lasciandosi attraversare da una interna corrente salvifica, arcana.

Così la sua opera si innesta in maniera originalissima negli sviluppi del cosiddetto Novorealismo europeo, lasciandosi contaminare dalle atmosfere postmoderne, megalopolitane, ma caricandole, per contrasto, di potenti tensioni spirituali. Il tutto con tratteggi freschi ed immediati, con cromatismi esultanti e festosi, seppure dolorosamente immersi nelle angosce e nei drammi quotidiani. Sta qui l’impulso artistico dell’artista nisseno, in questo neoumanesimo spirituale e dolente, in questa sorta di sublimazione dell’angoscia e della pena esistenziale che lo porta a riscoprire la dimensione religiosa del sacro. Nel nuovo ed attuale ciclo pittorico (venti tavole dedicate alla Santa d’Avila), egli ci parla diffusamente, attraverso pennellate felici ed ispirate, della rigenerazione catartica operata dal dolore. Il volto della santa è ritratto in varie espressioni tese verso l’alto, tutte contratte nello spasimo di un intenso travaglio spirituale, ma avvolte nello stesso tempo da un sentimento di carezzevole pietas e di amore universale.

C’è la comprensione per l’uomo che coltiva vanità, di cui forse non può fare a meno, ma delle quali è chiamato a liberarsi attraverso un tormentoso e ardito cammino interiore. Da qui quel sentimento compassionevole che sembra sprigionarsi dai volti della santa per la comune e precaria condizione umana. Non ci sono toni di condanna, non si alzano indici accusatori. Questi volti, nell’elevarsi verso l’Alto, sono e restano totalmente coinvolti nell’umano. La figura della santa è avvolta in una corrente di ardore mistico che non si separa dalla vita, ma che avvolge fraternamente tutto il reale. Io, di certo, non sono in grado di stabilire se sia stato effettivamente questo il sentire di Santa Teresa d’Avila. Con tutta probabilità è così, ma confesso che un tale discorso esula dalle mie competenze. Posso dire soltanto, con discreta e ragionevole certezza, che è questo il sentire del pittore Francesco Guadagnuolo nel ritrarre in tante pose diverse il volto di un personaggio così fervoroso e importante per la storia della Chiesa.

In altri cicli pittorici, l’artista si è interessato di problematiche sociali e ciò la dice lunga sul suo legame con le correnti realistiche dell’arte contemporanea, sia pure da un’angolazione profondamente spirituale. L’impianto dei quadri non è mitologico – come forse potrebbe sembrare – se per mitologia s’intende un mondo di favole avulse dal mondo reale. Il racconto di Guadagnuolo, al contrario, risulta totalmente immerso nella realtà, con il dovuto chiarimento che negli orizzonti del reale qui fa la sua apparizione il divino. Questo simbolismo non è evasivo o fantastico, né vuole essere una fuga nel passato. Le figurazioni hanno, si, il sapore dell’antico, ma appartengono al mondo odierno, molto più che all’antico. Rappresentano le inquietudini del nostro tempo, degli uomini e delle donne di oggi, invitandoli a guardare verso l’Alto, verso le leggi dell’amore e dell’armonia universale. Se così non fosse, le storie sacre non potrebbero dire più nulla a noi uomini del ventunesimo secolo, e questo un pittore come Guadagnuolo lo sa.

 

Franco Campegiani

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