La Vita che ti diedi di Pirandello, dal 10 al 15 febbraio al Teatro Mercadante.

Nella foto Gianna Coletti, Patrizia Milani, Carlo Simoni in LA VITA CHE TI DIEDIVa in scena da martedì 10 a domenica 15 febbraio al teatro Mercadante lo spettacolo prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano LA VITA CHE TI DIEDI, di Luigi Pirandello, con la regia di Marco Bernardi, interpretato da Patrizia Milani nel ruolo di Donn’Anna Luna e Carlo Simoni in quello del parroco Don Giorgio Mei.

Con loro, nei panni degli altri personaggi, recitano Gianna Coletti, Karoline Comarella, Paolo Grossi, Sandra Mangini, Giovanna Rossi, Irene Villa, Riccardo Zini. Le scene sono di Gisbert Jaeke, i costumi di Roberto Banci, il suono di Franco Maurina, le luci di Massimo Polo.

Composta nel 1923 per Eleonora Duse, che morì senza poterla interpretare, a proposito di La vita che ti diedi, in una lettera alla figlia Lietta, Pirandello scrive: «Per ora ti dico che la tragedia mi sembra la cosa più alta e più pura che sia uscita dalla mia fantasia».

La vita che ti diedi è la storia di una madre costretta ad affrontare il più indicibile dei dolori: quello della perdita di un figlio. Donn’Anna Luna, questo il nome della protagonista, rifiuta di accettare la morte del figlio e si comporta come se fosse ancora vivo. In un “lucido delirio” la donna tenta di coinvolgere tutti coloro che le stanno attorno, “preda” del disperato tentativo di mantenere il figlio in vita. Il dolore di Donn’Anna s’intreccia con quello dell’amante, Lucia Maubel, per passione della quale il figlio era partito. Lucia è incinta e per questo ha abbandonato anche i due figli avuti dal marito. La morte unisce le due donne: Lucia si dispera e Donna Anna perde ogni illusione. A lei non restano che la solitudine e il dolore, perché sa che anche la vita che nascerà da Lucia sarà solo la testimonianza che il figlio non era più “suo” da molto tempo. L’impianto della tragedia si sviluppa intorno a un personaggio assente: un figlio rimasto lontano per sette anni tornato a casa per morire consunto da una malattia.

Il dramma è condotto interamente sul filo dell’amore materno, di cui è l’espressione più compiuta nel teatro di Pirandello: l’unico valore che sopravvive intatto tra le macerie dei falsi valori della società e che nella sua autenticità risulta indenne da ogni schematismo ideologico. In questa opera l’impronta sperimentale dello scrittore si manifesta nell’accostare ad un impianto narrativo sostanzialmente realistico un personaggio metafisico, delirante, eccessivo, come quello della protagonista Donna Anna Luna.

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