di Angelo Ionta
La Groenlandia, l’isola più vasta del pianeta, è una nazione appartenente al Regno di Danimarca. Collocata nell’estremo nord dell’oceano Atlantico, al contrario delle sue dimensioni è la nazione meno densamente popolata del pianeta, infatti, la sua densità abitativa è del solo 0,03 abitanti per chilometro quadrato. La sua peculiarità però è quella di essere la seconda calotta glaciale sul Pianeta, importante alla stessa stregua dell’Artico e dell’Antartico. Ebbene, in questi giorni ha fatto scalpore l’articolo pubblicato su Nature Communications Earth and Environment, sintesi dello studio condotto negli anni che vanno dal 1980 al 2020, quarant’anni di osservazioni satellitari. Dallo studio emerge, purtroppo, che lo scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia avrebbe superato il “punto critico”: infatti, le nevicate sulla calotta glaciale, necessarie per rinforzare i ghiacciai, sono inferiori in quantità al ghiaccio che si scioglie a causa del surriscaldamento terrestre. Ancora più preoccupante è il fatto che, secondo i ricercatori del “ByrdPolar and Climate Research Center” dell’Università Statale dell’Ohio, anche se per miracolo il riscaldamento globale si fermasse oggi, la calotta glaciale groenlandese continuerebbe, comunque, a diminuire. I ricercatori hanno poi scoperto che almeno fino agli anni 90 questo equilibrio tra ghiaccio che si scioglieva e neve che si accumulava e che favoriva la formazione di nuovo ghiaccio era ancora in atto. A partire dagli anni 2000 c’è stata una grande accelerazione nello scioglimento dei ghiacci. La calotta glaciale groenlandese ha cominciato a perdere più di 450 gigatonnellate (una gigatonnellata è un miliardo di tonnellate) di ghiaccio all’anno. È dal 1985 che i grandi ghiacciai della Groenlandia hanno iniziato a ritirarsi vistosamente, tanto di arretrare mediamente di tre km all’anno. Il 2019 è stato l’anno record superando, con i suoi 586 tonnellate di ghiaccio sciolto, tutti i record riguardanti la Groenlandia. Valore che ha prodotto l’innalzamento medio dei mari, a livello globale, di 1,5 mm. Lo scorso record apparteneva al 2012, quando in quell’anno si sciolsero 511 miliardi di tonnellate di ghiaccio. Negli anni compresi tra il 2012 ed il 2019, lo scioglimento dei ghiacci groenlandesi si era assestato in media sui 108 miliardi di tonnellate. Nell’anno in corso lo scioglimento non supererà quello scioltosi nello stesso periodo dell’anno scorso. Ciò mostra che, al di là dell’aumento sul lungo periodo del livello di scioglimento dei ghiacci, esiste un fattore ambientale, denominato “blocco della Groenlandia”, che determina una minore o maggiore quantità di ghiaccio sciolto della sua calotta, causando dei “picchi” nelle medie, uno dei quali, si è visto, l’anno scorso. Questo fattore ambientale è determinato dal livello di alta pressione sul Canada, che comporta la variazione della corrente a getto settentrionale sulla stessa Groenlandia. Si tratta di un fenomeno che provoca lo spostamento, sud-nord, dell’aria calda proveniente dagli Stati Uniti verso il Canada e la Groenlandia: il passaggio di aria calda determina un maggior scioglimento dei ghiacci. Nel 2017 e nel 2018 e come nel corso di quest’anno, ad esempio, l’aria si è rivelata più fresca, cosa che si è tradotta in uno scioglimento più moderato dei ghiacci. Altro studio del fenomeno condotto da ricercatori britannici, basato sull’analisi delle immagini satellitari di tutte le aree ghiacciate del pianeta, relative al periodo 1994-2017, ha dimostrato che nel lasso di tempo considerato, la Terra ha perduto 28 trilioni di tonnellate di ghiaccio per il riscaldamento globale: valore che si stima, entro il 2100, farà alzare di un metro il livello dei mari. L’ultimo decennio è stato il più caldo in assoluto, da quando viene tenuta traccia delle temperature globali. Lo studio riporta che dal 1994 l’Artico ha perduto una massa di 8,6 trilioni di tonnellate di ghiaccio; l’Antartico 7,5 trilioni di tonnellate; i ghiacciai montani 6,2 trilioni di tonnellate; la calotta glaciale della Groenlandia 3,8 trilioni di tonnellate. In Italia uno dei ghiacciai più grandi, quello della Marmolada sulle Dolomiti è un malato terminale. Il 60 percento del ghiaccio è stato perduto nell’emisfero boreale (o settentrionale), mentre il tasso di perdita dagli anni ’90 a oggi si è impennato del 57 percento, passando da 0,8 trilioni di tonnellate di ghiaccio perduti ogni anno a 1,2 trilioni di tonnellate: cambiamenti climatici determinati inequivocabilmente dalle emissioni di carbonio, ormai impazzite. Oltre alla distruzione di interi ecosistemi e alla potenziale perdita di specie iconiche come l’orso polare, tra gli effetti più preoccupanti dello scioglimento dei ghiacci vi è l’innalzamento del livello del mare. In base alle stime degli autori dello studio, di questo passo, entro la fine del secolo, il mare si alzerà di un metro, facendo finire sott’acqua molte isole, come alcuni atolli del Pacifico ed aree costiere. Per ogni centimetro in più di innalzamento si ha, inoltre, circa un milione di sfollati, ovvero popolazioni costiere costrette a trasferirsi altrove. Per tornare alla Groenlandia, la leggenda narra che, intorno all’anno 1000, Erik il Rosso fu esiliato dall’Islanda per aver commesso un omicidio. Costretto a salpare con la sua famiglia, si diresse verso una terra di nord-ovest di cui aveva sentito parlare. Giunto vi si insediò, chiamandola Grønland (Terra verde). Benché oggi “Terra verde” possa sembrare un nome inappropriato per un’enorme isola ricoperta da ghiacci per l’83%, ai tempi di Erik il Rosso (vissuto nel periodo che coincide con il Periodo caldo medievale) la Groenlandia era una terra verde e molto meno ghiacciata. Testimonia questo periodo più caldo il ritrovamento di tracce di forme di agricoltura sviluppatesi soprattutto nella parte meridionale dell’isola. Gli scavi archeologici hanno messo in luce resti di banchetti durante i quali veniva consumata carne bovina e ovina allevata in loco. Si sa per certo che Erik il Rosso allevasse centinaia di capi bovini. Attorno al 1450 cominciarono però ad abbassarsi le temperature, dando l’avvio a quella che è conosciuta come piccola glaciazione: molte terre furono abbandonate e la stessa Islanda parve sul punto di soccombere. Le ossa di resti umani ritrovate, risalenti a quel periodo, mostrano una condizione di forte malnutrizione. L’abbassamento delle temperature si è potuto ricostruire tramite lo studio degli strati di ghiaccio prelevati nell’isola. Tale abbassamento delle temperature costrinse perciò i Vichinghi ad abbandonare la Groenlandia. Ebbene, vorremmo tutti noi pensare che l’innalzamento delle temperature permetterebbe oggi a Erik il Rosso di tornare a coltivare ed allevare sulla sua “Terra Verde”, ma sebbene appartenenti ad un mondo dove spesso gli effetti speciali superano la realtà, siamo consapevoli che in questo caso la realtà è più preoccupante di quanto potrebbe partorire la mente del vincitore dell’Oscar ai migliori effetti speciali, l’annuale Academy Award for Best Visual Effects.