«L’alcol è una droga a tutti gli effetti. Solo che, diversamente da altre sostanze, è una droga socialmente accettata. Ed è proprio questa sua ‘ironia’ a renderlo così pericoloso.»
Il professor Ernesto Claar, direttore dell’Unità Operativa di Epatologia dell’Ospedale Evangelico Betania, non usa mezzi termini per descrivere il problema dell’alcol tra i giovani. Organizzatore di un convegno annuale sull’epatologia e promotore dell’iniziativa “La prevenzione a scuola”, Claar si occupa da anni di sensibilizzazione, cercando di contrastare un fenomeno che continua a mietere vittime silenziose. La scena è familiare: una festa, risate, bicchieri che si riempiono e si svuotano troppo in fretta. Ma quello che per molti ragazzi è un semplice svago può trasformarsi in un’abitudine pericolosa. Il binge drinking, ovvero il consumo di più unità di alcol in un breve lasso di tempo, è una delle pratiche più diffuse tra gli adolescenti.
«I dati dell’Istituto Superiore di Sanità sono allarmanti: un milione e trecentomila giovani tra gli 11 e i 24 anni sono consumatori a rischio, con 40.000 accessi in pronto soccorso ogni anno per intossicazione da alcol. Il 10% di questi riguarda ragazzi sotto i 14 anni.»
E se non bastassero questi numeri, c’è un altro dato che fa riflettere: gli incidenti stradali sono la prima causa di morte tra i giovani dai 10 ai 19 anni, e nella maggior parte dei casi l’alcol gioca un ruolo cruciale.
«Un adulto metabolizza circa mezza unità di alcol all’ora, ma nei ragazzi questa capacità è ancora inferiore. Bere due, tre, quattro drink in poco tempo significa sovraccaricare il fegato e il cervello, con conseguenze devastanti.». Il fegato, infatti, è il primo organo a soffrire. Il 90% di chi beve più di cinque unità al giorno sviluppa steatosi epatica, cioè il cosiddetto “fegato grasso”, mentre il 30% di chi beve in modo cronico va incontro a cirrosi.
Ma l’alcol non danneggia solo il fegato: «La corteccia prefrontale, l’area del cervello responsabile del controllo e della razionalità, si sviluppa completamente solo intorno ai 25 anni. Bere in età adolescenziale compromette questo processo, aumentando il rischio di disturbi cognitivi, isolamento sociale e difficoltà di concentrazione.»
Non esiste una dose sicura: «Dobbiamo sfatare un mito: l’alcol non fa bene, nemmeno in piccole quantità. Il vino rosso non fa buon sangue, come si diceva una volta. Il consumo consigliato? Zero». Famiglie, scuole e istituzioni devono unirsi per rendere i ragazzi consapevoli del danno che stanno infliggendo al loro corpo. Perché un bicchiere di troppo, spesso, non è solo un bicchiere.