Policlinico Federico II lancia progetto ambulatorio condiviso.

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Una malattia della pelle come la psoriasi va curata dal dermatologo, o può nascondere una più pericolosa artrite da affidare al reumatologo? E per alcune patologie dell’intestino come la colite ulcerosa basta rivolgersi al gastroenterologo o i sintomi possono celare, anche in quel caso, una artrite?

Una risposta concreta alle domande dei pazienti, troppo spesso costretti a lunghe trafile e rimpalli tra un medico e l’altro, viene dal progetto che l’Azienda ospedaliera universitaria della Federico II di Napoli sta conducendo da un anno e mezzo con ottimi risultati: un unico ambulatorio dove si sommano le competenze del reumatologo, del gastroenterologo e del dermatologo, per ottimizzare le diagnosi e le cure dei pazienti che presentano sintomi ‘di confine’ tra diversi ambiti specialistici.

Nato da una intuizione del prof. Raffaele Scarpa, docente e primario di reumatologia che durante la sua specializzazione in Gran Bretagna ebbe modo di studiare esperienze analoghe, il progetto dell’ambulatorio condiviso è stato proposto alla Regione che lo ha finanziato. Siamo – sottolinea Scarpa – “gli unici in Italia che offrono in un’unica giornata tre consulti specialistici. Se un paziente ha il mal di pancia, dolori articolari, unghie malandate siamo in grado, anche attraverso esami diagnostici, di dargli in un giorno una risposta diagnostica che altrimenti avrebbe richiesto tempi lunghissimi”.

E’ il singolo specialista del Policlinico a decidere di inviare il paziente con sintomi ‘di frontiera’ all’ambulatorio condiviso, che è aperto un giorno la settimana e dove nel giro di due settimane si riesce a ottenere la visita. L’esperienza è partita il primo gennaio 2018, racconta il prof. Scarpa, e fino a tutto febbraio di quest’anno sono stati visitati 344 pazienti: ognuno di loro ha ricevuto in media due consulenze specialistiche, molti tre. “E da parte dei pazienti si è registrato un altissimo gradimento”, sottolinea il reumatologo.

Convinto sostenitore di questa multidisciplinarietà del lavoro è anche Vincenzo Viggiani, direttore generale dell’Aou Federico II. “Ho chiesto alla Regione – sottolinea – l’istituzionalizzazione dell’ambulatorio condiviso, trovando una interlocuzione sensibile che ora sta studiando la modalità tecnica per rendere permanente l’iniziativa. L’ambulatorio condiviso semplifica la vita del paziente, riduce le file, le attese, migliora la qualità del servizio offerto. E permette anche di ottimizzare le risorse del servizio sanitario, evitando duplicazioni di visite ed esami”.

Dello stesso avviso anche Scarpa: “Quando un paziente va dal reumatologo per un mal di schiena ha fatto di solito già una radiografia e un paio di risonanze, senza risolvere il problema.

L’approccio multidisciplinare è quello di una medicina al passo con i tempi, che risponde meglio ai pazienti e non disperde le risorse. Penso alle costose prescrizioni di farmaci biotecnologici, che si riducono attraverso l’interscambio tra le competenze. E’ solo uno dei molti vantaggi di un ambulatorio ‘governato’ dagli specialisti”.

“Sperimentare strade nuove – ricorda Viggiani – è nel dna di un policlinico universitario. La mentalità alla base di questo progetto sarebbe da estendere sul territorio, e finalmente anche in Campania si sta creando una logica di sistema nel servizio sanitario regionale. Siamo all’inizio ma si stanno muovendo passi importanti affinchè l’innovazione si rafforzi, anche nel far rete e nella mentalità moderna di approccio alla cura”.
C’è infine un risvolto formativo: nell’ambulatorio condiviso approdano anche gli studenti per l’attività professionalizzante.

“Si rendono contro delle connessioni, formiamo insomma nuovi medici con una mentalità più aperta. Quando mi laureai io, negli anni Ottanta, nessuna prospettiva di questo tipo veniva offerta ai laureandi, io la scoprii in Inghilterra dove andai a studiare in seguito”, sottolinea Scarpa. “Sono il responsabile aziendale del progetto dell’ambulatorio condiviso – tiene a evidenziare – ma non avrei mai potuto realizzarlo senza il network di alte professionalità che ha contribuito in modo determinante. I dermatologi Gabriella Fabbrocini e Mario Delfino, i gastroenterologi Nicola Caporaso e Fabiana Castiglione, il gastroenterologo ecografista Antonio Rispo e la mia allieva Francesca Foglia”. “Professionisti che anziche’ coltivare il proprio orto si sono messi in gioco con grande disponibilità”, conclude il direttore generale. (ANSA).

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