Il 2025 si apra con una riflessione sul conflitto Russia/Ucraina, che sembra volgere al termine.
Le sanzioni economiche imposte alla Russia per l’invasione dell’Ucraina dovrebbero essere riorientate per risarcire direttamente gli ucraini, offrendo un supporto tangibile per riparare i danni causati dal conflitto. In primo luogo i fondi derivanti da sanzioni come il congelamento di beni russi all’estero, restrizioni commerciali e proventi delle multe per violazioni degli embarghi siano trasferiti a un fondo internazionale dedicato alla ricostruzione dell’Ucraina.
La soluzione proposta riguarda anche le sanzioni che limitano le relazioni culturali e commerciali tra Russia ed Europa. Tali misure, adottate per isolare la Russia a livello globale, hanno avuto conseguenze significative su entrambi i fronti, privando le economie e le società europee e russe di importanti scambi e cooperazioni. Pertanto, qualora queste restrizioni vengano gradualmente eliminate, una parte dei vantaggi economici e culturali derivanti dalla ripresa di tali relazioni sia anch’essa destinata al risarcimento degli ucraini.
La trasformazione delle sanzioni in indennizzo rappresenterebbe un passo avanti verso una giustizia concreta e riparativa. Il fondo così costituito potrebbe essere utilizzato non solo per la ricostruzione delle infrastrutture distrutte, ma anche per fornire supporto economico diretto ai cittadini ucraini, molti dei quali hanno perso tutto a causa del conflitto.
Per realizzare questa proposta ci sarebbe da creare una cabina di regia degli Stati membri che hanno imposto le sanzioni, realizzare un meccanismo trasparente per la gestione dei fondi e avviare un ritorno graduale alle relazioni commerciali. Ovviamente qui non si tratta di punire indiscriminatamente, ma di garantire che chi è stato danneggiato abbia la possibilità di ricostruire il proprio futuro.
Lo scopo è introdurre un nuovo paradigma per la gestione dei conflitti internazionali. E ciò offre anche una prospettiva etica e pragmatica per il post-conflitto. Integrare la ricostruzione con la ripresa di relazioni culturali e commerciali, legandola al risarcimento dei danni subiti, potrebbe diventare un modello per affrontare situazioni simili in futuro.
La qualità della vita non si misura solo con l’assenza di guerre, ma con la capacità di risolvere i conflitti in modo costruttivo, ricucendo i legami tra le nazioni e restituendo dignità a chi ha sofferto. Questa deve essere la priorità della comunità internazionale.
In conclusione questa proposta potrebbe costituire il punto di partenza per un negoziato di cooperazione internazionale tra Russia e Stati Uniti, fondato su basi solide di pace e non belligeranza.
Questa iniziativa credo possa gettare le fondamenta per una nuova geopolitica, secondo i canoni proposti dall’Ideologia della Qualità della Vita. Questo paradigma punta a stabilire regole condivise e riforme globali volte a favorire la crescita del bene comune attraverso il rilancio della produttività territoriale, della cooperazione internazionale per meglio connettere i continenti e le diversità, nel rispetto reciproco, facendo leva su proficue relazioni di partenariato pubblico-privato trasparenti allo scopo di generare profitto socialmente utile, migliorando la qualità della vita di tutti. La qualità della vita non può essere un privilegio di pochi, ma deve diventare un obiettivo condiviso a livello globale. Dobbiamo cambiare questo stato di cose per continuare ad evolverci. In un mondo sempre più interconnesso e pieno di rischi, questa visione potrebbe rappresentare il nuovo paradigma per affrontare conflitti e crisi globali, rendendo la qualità della vita il vero obiettivo della geopolitica del futuro.