Smart Working nell’era Covid-19

smart working

Molti si chiedono, dopo la proroga dello stato di emergenza, se e come impatterà la disciplina semplificata introdotta dal governo Conte, in deroga alla legge 81/2017, sulle imprese e sulla Pubblica Amministrazione.
Lo abbiamo chiesto al dott. Giampiero Zito, Ceo ed Innovation Manager di Mediterraneo Lab 4.0 società di consulenza strategica e direzionale.

Come sempre, si cercano di capire solo le dinamiche a breve termine. Il lavoratore si chiede come cambieranno le relazioni sindacali, quante e quali contrattazioni fare, se ci saranno cassa integrazione e altri ammortizzatori sociali, ecc. Le imprese, invece, si interrogano su come cambieranno ancora i protocolli di sicurezza, se è possibile licenziare, se dotare i lavoratori di nuovi dispositivi tecnologici utili a sopperire alla presenza fisica.

L’attenzione dovrebbe, invece, essere posta su altro… bisognerebbe mettere la persona al centro (Human Centered)!

Che si tratti di imprenditori o lavoratori, bisognerebbe cominciare a capirne necessità, problematiche e cercare di fornire ad essi le giuste risposte in termini di politiche di regolamentazione, anch’esse “smart”, e soluzioni tecnologiche e organizzative appropriate.

La legge 81/2017 prevede una contrattazione individuale per il lavoratore agile e questo, sul quale sono d’accordo, presuppone mettere al centro i bisogni dei lavoratori ma anche diritti e doveri nei confronti del datore di lavoro.

Si parla, invece, sui media di regolamentare, attraverso quote percentuali, il numero di “lavoratori smart” all’interno delle imprese, come se non si capisse che ogni impresa ha la sua peculiarità e ogni lavoratore la sua storia, la sua situazione personale e familiare.

I sindacati, le associazioni di categoria, gli enti bilaterali e tutte le organizzazioni paritetiche dovrebbero trovare un accordo su un punto in primis: il mondo è cambiato, la trasformazione digitale corre veloce e le organizzazioni non sono più chiuse, ma, in una logica di innovazione aperta (open innovation), dialogano con start up, centri di ricerca e altri attori della supply chain internazionale.

Oltre alla vision bisogna trovare le soluzioni.
Ma quali?

Bisognerebbe, innanzitutto, ri-disegnare le organizzazioni verso un modello agile e cooperativo tra impresa e lavoratore… l’impresa senza forza lavoro non produce, il lavoratore senza impresa non lavora!

Bisognerebbe, poi, introdurre il concetto di “personalizzazione” dei contratti, basati non solo sulle esigenze del lavoratore ma anche sulla tipologia d’azienda e sulla sua tipicità.

Faccio un esempio:  se il “lavoratore smart” lavora sul concetto di produttività e, in base ai carichi di lavoro assegnati, ha il diritto a organizzarsi il lavoro come crede e negli orari per lui più opportuni, di contro l’azienda potrebbe avere la necessità che quel lavoratore dialoghi con l’ufficio estero in una specifica fascia oraria, che non coincide per forza con quella del dipendente, recando danni di organizzazione produttiva all’impresa.

Dunque che si fa?

La personalizzazione contrattuale è la soluzione: trovare il giusto mix tra le direttive aziendali, derivanti da esigenze produttive, e l’ottimizzazione di spazi e tempi di lavoro dello smartworker.

In questo ambito si possono utilizzare alcuni strumenti utili a raggiungere obiettivi interessanti:

  1. Tecnologie emergenti come la Blockchain, utile ad esempio nel supporto della tracciabilità dei processi, e l’Intelligenza Artificiale utile a misurare con supercalcoli i flussi di lavoro e i risultati; entrambe hanno come risultato la certificazione del livello di produttività e delle competenze formali e non formali raggiunte dal lavoratore.
  2. Le digital e soft skills, che rafforzano le competenze dei manager nella gestione delle organizzazioni e delle reti di impresa oltre a predisporre mentalmente l’impresa verso una gestione delle attività lavorative basate su una maggiore delega e responsabilizzazione del lavoratore.
  3. Contratti di lavoro “personalizzati” e il già citato indice di produttività del lavoratore, introducono il concetto di welfare aziendale che può essere incentrato non più sulle categorie di lavoratori ma sul singolo, tenendo conto da un lato delle sue esigenze personali e familiari (soprattutto in ambito tutela della salute) dall’ altro di quelle delle imprese che così assolvono con i dovuti incentivi fiscali ad un’azione di innovazione sociale e sostenibilità.

Da qualche anno noi e i nostri partners offriamo servizi e soluzioni che vanno in questa direzione e siamo aperti ad altri player “profit e no-profit” che hanno la stessa visione e vogliono contribuire a cambiare le organizzazioni per una maggiore sostenibilità e un maggiore benessere delle persone, imprenditori e lavoratori!

Lavorare in rete con una vision di lungo periodo…
non tutto si può prevedere (COVID), ma tutto si può migliorare!

Lo abbiamo chiesto al dott. Giampiero Zito, Ceo ed Innovation Manager di Mediterraneo Lab 4.0 società di consulenza strategica e direzionale.