“La ZES Unica ha già dimostrato con i fatti la propria efficacia: fino a oggi sono stati autorizzati circa 800 investimenti. Da marzo 2024 ad aprile 2025 il un valore complessivo di 2,8 miliardi di euro e con la prospettiva di 9.816 nuovi posti di lavoro” – dichiara Raffaele Marrone, presidente di Confapi Napoli e responsabile nazionale ZES della confederazione.
“Questi risultati non nascono per caso: il punto di forza è statoun coordinamento centrale snello, supportato da uno sportello unico capace di autorizzare rapidamente gli investimenti e garantire i connessi benefici fiscali”.
“Per questo – prosegue Marrone – trovo incomprensibile la scelta di sostituire un modello virtuoso, voluto dall’ex ministro Fitto, che funziona con una nuova macchina burocratica. L’istituzione di un Dipartimento per il Sud con ulteriori uffici dirigenziali rischia di diluire responsabilità e tempi decisionali. Non serve un’altra architettura più pesante: servono continuità e cantieri. Sarebbe stato sufficiente rendere permanente la missione della ZES Unica, senza immaginare un riassetto che introduce ‘due uffici dirigenziali di livello generale e cinque uffici di livello dirigenziale non generale’”.
“Il messaggio politico dovrebbe tradursi in un metodo chiaro: stabilità delle regole, tempi certi, concentrazione delle risorse su infrastrutture e competenze” – sottolinea il presidente di Confapi Napoli. “È qui che possiamo fare la differenza: accelerare i collegamenti ferroviari e stradali, promuovere poli di innovazione tecnologica e qualificare la formazione per trattenere i giovani talenti ed evitare la loro fuga verso il Nord o l’estero”.
Marrone rilancia anche l’idea di una ZES Verde & ZES 4.0, con premialità per chi investe in efficienza energetica, rinnovabili on-site, idrogeno, economia circolare e digitalizzazione dei processi industriali – dalla sensoristica al gemello digitale. “È questa la direzione che può attrarre capitali e trasformare il Sud in un hub competitivo” aggiunge.
La conclusione di Marrone è pragmatica: “Rendere permanente ciò che funziona, blindare i progetti in corso e spingere su infrastrutture, semplificazioni e capitale umano. Smontare un modello che sta dando risultati significa rallentare una crescita che è già visibile. La posta in gioco non è la forma degli uffici, ma la velocità degli investimenti e il lavoro che ne deriva”.
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