Ceci n’est pas un blasphème, è polemica per i manifesti in città. Il Comune: rimozione immediata, non sapevamo nulla. La direzione: iniziativa autonoma degli artistio, noi non c’entriamo.

Manifesti con messaggi blasfemi e bestemmie camuffate da slogan commerciali o elettorali. Tra il cartellone di un candidato e l’altro a Napoli spuntano anche dei manifesti del tutto insoliti con imprecazioni e frasi molto lontane dal politicamente corretto. Perfino le immagini di Topolino, di Disneyland Paris e del Crodino vengono usate per diffondere improperi religiosi. A realizzare e affiggere i manifesti sui muri di molti quartieri di Napoli sono stati degli artisti aderenti ad alcuni collettivi indipendenti che presentano le loro opere, anche queste a carattere blasfemo, nell’ambito della mostra “Ceci n’est pas un blasphème – Il Festival delle arti per la libertà d’espressione contro la censura religiosa”, in corso fino al 30 settembre al Palazzo delle Arti di Napoli. Ma la pubblicità dell’evento non ha nulla a che vedere con le bestemmie illustrate di cui sono tappezzati i muri della città. A chiarirlo è la stessa direttrice artistica del festival Emanuela Marmo.

A Napoli monta la polemica, ma la direttrice artistica difende gli autori dei manifesti: “La contrarietà dei cittadini, che hanno fatto notare come i manifesti appaiano anche in prossimità di luoghi di culto o frequentati da bambini, mi spinge – osserva – a credere ancora più convintamente che le azioni di subvertising sono fondamentali. Questi stessi cittadini, infatti, non hanno nulla da dire, sono assolutamente assuefatti ai messaggi pubblicitari che inoculano un uso erotizzato del corpo femminile e dell’infanzia, che promuovono canoni estetici frustranti e irraggiungibili per persone comuni, che associano la bellezza al possesso di beni inutili, costosi, classisti”. Dall’assessorato all’Istruzione, Cultura e Turismo di Napoli, co-promotore dell’iniziativa Ceci n’est pas un blasphème, informano che il Comune di Napoli non era a conoscenza delle affissioni. “Nessuno del Comune sapeva di questi manifesti – conferma alla Dire l’assessora Annamaria Palmieri – come sempre ovviamente succede nel caso di manifesti abusivi. Anche questi, dopo le opportune verifiche, come accade sempre per tutti i manifesti abusivi, verranno rimossi da Napoli Servizi. Ho attivato subito il servizio di marketing del Comune per avviare i controlli. Mi preme chiarire che la mostra Ceci n’est pas un blasphème in corso al Pan ha caratteristiche molto selettive: è visionabile solo se si ha consapevolezza religiosa, è possibile accedervi solo se si è maggiorenni”.

Da quando abbiamo iniziato ad organizzare Ceci n’est pas un blasphème, mai abbiamo suscitato tanto interesse, anche fuori dai confini nazionali. Certo, avremmo preferito farlo con le nostre scelte artistiche e con gli intenti che ci muovono ma, se è vero che “bene o male purché se ne parli”, accettiamo di buon grado l’attenzione – mediatica e popolare – che stiamo ricevendo e, per questo, riteniamo giusto chiarire alcuni dettagli.

Chi ha inventato e affisso i manifesti “blasfemi”?

Sono spuntati negli spazi normalmente riservati alle affissioni pubbliche del Comune di Napoli, ma non si tratta di cartelloni pubblicitari per il nostro evento, né di alcuna operazione gestita da politici o partiti. Non vogliono in alcun modo indirizzare la prossima tornata elettorale (in che modo poi, lo farebbero, stentiamo davvero a capirlo). I manifesti recanti bestemmie (alcune palesemente ironiche e riferite a divinità inventate) o immagini anticlericali sono il frutto di un’azione di subvertising: una tipologia d’arte che “abusa”, sabota e si riappropria creativamente degli spazi della pubblicità e della propaganda per restituire messaggi di protesta, di libertà, sovvertendo i concetti che abitualmente ci educano e ci condizionano. Anziché contaminare la nostra percezione in favore del consumo passivo di idee e immaginari, provoca la nostra attenzione su contenuti che in altro modo non ci verrebbero proposti. In qualità di organizzatori del festival non eravamo a conoscenza di questa iniziativa, dunque neanche l’amministrazione ha alcuna responsabilità a riguardo.

I loro autori (Ceffon, Illustre Feccia e Hogre) sono anonimi, non ne conosciamo la reale identità, ma ne seguiamo il lavoro creativo da sempre. Alcune loro opere sono esposte al Pan all’interno della mostra da noi organizzata e questo è stato un loro modo di destare curiosità e, sicuramente, anche provocare per spingere a riflessioni più profonde.

 

Condanniamo il gesto degli artisti?

No, li ringraziamo.  La contrarietà dei cittadini, che hanno fatto notare che i manifesti appaiono anche in prossimità di luoghi di culto o frequentati da bambini, ci spinge a credere ancora più convintamente che le azioni di subvertising siano fondamentali. Questi stessi cittadini, infatti, non hanno nulla da dire, sono assolutamente assuefatti ai messaggi pubblicitari che pure affollano quelle medesime vie, in prossimità dei medesimi luoghi di culto o frequentati da bambini. Messaggi pubblicitari che inoculano un so erotico del corpo femminile e dell’infanzia, che promuovono canoni estetici frustranti e irraggiungibili per persone comuni, che associano la bellezza al possesso di beni inutili, costosi, classisti. Ecco, a tutti questi messaggi diseducativi, privi di etica, i cittadini non si contrappongono, se ne lasciano sedurre. Per noi ben venga il subvertising che, a colpi di Ceffon(i), ci risveglia dal torpore.

 

“Ma di Islam non parlate”?

Sui manifesti, no, perché non avendoli decisi, scelti o commissionati noi non abbiamo potere (né vogliamo averlo) sulle decisioni dei loro creatori. Al festival, certo che sì. Parliamo di come le leggi che puniscono la blasfemia siano una scusa per mascherare il controllo sulle libere arti e sul libero pensiero, e lo facciamo esponendo e approfondendo casi che riguardano tantissimi paesi e storie del mondo. Dimostriamo come in Italia ci scandalizziamo per una bestemmia sui manifesti, mentre in Iran si venga condannati alla prigione e alle frustate per un film. Lo facciamo perché aderiamo alla campagna internazionale #EndBlasphemyLaws affinché in ogni paese del mondo si eliminino le leggi che considerano la blasfemia un reato da perseguire e si lascino gli spazi pubblici, i luoghi non sacri, liberi di esserlo davvero. Perché destineremo il ricavato della raccolta fondi che ci accompagna e degli eventi collaterali del festival alle vittime di queste leggi, uomini e donne che stanno affrontando cause legali per delle vignette oppure si stanno nascondendo da una condanna a morte certa.

Per questi e altri motivi, vi aspettiamo al Pan, ancora fino al 30 settembre: per approfondire un punto di vista non di immediata lettura, ma certamente non meramente provocatorio. Ricordiamo che l’ingresso alla mostra è riservato ai soli maggiorenni possessori del green pass, e che i contenuti rappresentati sono volutamente forti e possono risultare provocatori o sgraditi a persone sensibili e credenti.

Il prossimo weekend, inoltre, continuano gli eventi che accompagnano l’esposizione, ospitati questa volta al Lanificio25.

Venerdì 24 settembre alle 21.30, Daniele Fabbri in collaborazione con Davide DDL conduce una serata dedicata alla stand-up comedy e ai comici selezionati tramite call: Lucia Arrigoni, Alberto Grezzani, Mario Raz, Emanuele Tumolo, Lorenzo Vecchi.

Sabato 25 settembre, sempre alle 21.30, gran finale degli eventi live con il concerto di Porfirio Rubirosa and his band.

Entrambe le serate in programma saranno precedute da anteprime a cura di WannaBeBuddha e Padre Kayn, i quali trasmetteranno anche in diretta streaming gli interi eventi, permettendo così a chi non potrà essere presente di assistere agli appuntamenti anche da casa.

Per informazioni, approfondimenti e consultare il programma completo:

www.articensurate.it
https://www.gofundme.com/f/sostieni-il-festival-delle-arti-censurate
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direzione@articensurate.it
segreteria@articensurate.it

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