Convegno “Web 3, Tecnologie & Società 5.0”, Intervista ad Emilia Garito, Ceo di Quantum Leap e Chairman di Deep Ocean Capital Sgr Spa

In vista del convegno “Web 3, Tecnologie & Società 5.0” che si terrà a Salerno il 28 Aprile, abbiamo intervistato Emilia Garito, Ceo di Quantum Leap e Chairman di Deep Ocean Capital Sgr Spa, speaker del terzo panel del convegno dal titolo ” Blockchain e Tecnologie Web3“.

D: Web 3, Tecnologie e Società 5.0 un Workshop per mettere al centro della discussione una visione HUMAN CENTERED e le tecnologie come strumento abilitante di una nuova Società. Perché Lei ha deciso di partecipare a questa iniziativa di Mediterraneo Lab 4.0?

Emilia Garito: credo che il tema della tecnologia come strumento abilitante di una nuova Società, debba passare attraverso uno dei dibattiti più accesi – e più temuti – legato alla dicotomia vs. all’analogia, attuale o prospettica, tra intelligenza umana e intelligenza artificiale e al superamento dei limiti umani, sia fisici che intellettuali, da parte delle macchine.

In questa esponenziale evoluzione tecnologica che stiamo vivendo come possiamo comprendere realmente questa nuova interazione uomo-macchina? Come ci stiamo trasformando noi – esseri umani di sempre – in questa relazione? Come governare al meglio questa trasformazione senza esserne fagocitati e come possiamo “utilizzarla” per costruire una società migliore?

Credo che invece di fuggire davanti a quesiti di questo tipo sia necessario iniziare ad affrontarli (realmente) per non farci trovare impreparati davanti a una rivoluzione, ormai, inarrestabile e penso, inoltre, che incontri come questo siano fondamentali per iniziare a costruire un dibattito condiviso che coinvolga cittadini, imprese, istituzioni e tutto il mondo finanziario.

È necessario affrontare il tema della discrezionalità delle macchine, di coscienza e di volontà, di significati qualitativi e quantitativi che l’Intelligenza artificiale, ad esempio, potrà attribuire ai dati e del loro coincidere con i significati che l’uomo invece avrebbe a essi attribuito, se fosse stato più performante, veloce e razionale delle macchine stesse; ed è proprio in questa discussione, che divide gli umanisti dai tecnologi più appassionati, che si incrociano argomenti scientifici, etici e di regolamentazione, ma che non risultano tutti armoniosamente intrecciati in quanto non ancora affrontati a partire da un comune livello di conoscenza e di interpretazione della materia, sia nella sua forma tecnologica che esperienziale, e che rende l’Intelligenza Artificiale il più complicato e veloce strumento di trasformazione sociale della nostra storia.

D: le tecnologie disruptive come l’A.I. stanno cambiando prodotti, servizi, modi di lavorare… Quali impatti etico-sociali si avranno nel breve-medio termine sulla Società?

Emilia Garito: la domanda più ricorrente che ci poniamo – e che sfocia poi nel più complesso nodo etico – è se davvero le macchine siano in grado di auto apprendere e se potranno in futuro sostituire l’uomo in tutte o quasi le sue attività, migliorandone considerevolmente i risultati.

Secondo Fei Fei Li, direttrice del laboratorio di ricerca di AI di Stanford, l’IA potenzierà le capacità umane e ci consentirà di svolgere una vita migliore commettendo meno errori: ad esempio ci saranno medici con capacità fisiche superiori, con una vista aumentata e instancabile, automobili più sicure, disastri naturali evitabili, perché prevedibili. Al contrario, Stephen Hawking, uno dei fisici teorici più conosciuti al mondo, sostiene che l’IA possa accelerare l’estinzione della specie umana, nella sua capacità di sostituirla in tutte le sue  funzioni principali, sebbene al momento non biologiche.

In questa discussione che coinvolge psicologia, scienza, filosofia, finanza e arte, sicuramente un altro dei principali nodi etici e tecnologici da sciogliere è il ruolo della black box nell’elaborazione dei dati e nella loro trasformazione da meri elementi di input in decisioni di output, spesso irrevocabili.

L’algoritmo di IA è basato sul calcolo nascosto effettuato dalla black box inizialmente programmata per elaborare nodi con pesi misurabili, ma è divenuta poi un contenitore di azioni dinamiche ignote modificabili solo dallo stesso algoritmo, che decide autonomamente le metriche di elaborazione dei dati di ingresso caricati dall’uomo. La scatola nera, una volta inseriti i dati che l’intelligenza umana è stata in grado di raccogliere e offrire, restituisce i risultati secondo una logica non criticabile poiché non accessibile. In tal senso, è come se intorno all’algoritmo avessimo costruito una sorta di “fede misteriosa” che in virtù della sua presunta infallibilità e neutralità ci induce a fidarci e a far decide all’algoritmo il meglio per noi, senza però spiegarci il perché.

Proprio questo rappresenta il nodo etico e regolamentativo più importante per il futuro dell’IA, della tecnologia e del rapporto uomo-macchina, ricordandoci sempre ad ogni passaggio che, come ha scritto Alessio Pomaro in un bellissimo articolo sulla black box, “l’ottimizzazione cieca dell’accuratezza porta a consigli senza contesto”.


D: 
In base alla Sua esperienza nel mondo dell’open innovation e del trasferimento tecnologico, come può il nuovo web3 favorire una token economy della proprietà intellettuale?

Emilia Garito: l’opportunità del Web 3 è sicuramente quella di “attribuire”, o meglio certificare, una proprietà di asset intangibili per i quali oggi la normativa globale non prevede possibilità di tutela. Entriamo sicuramente in un ambito legale per il quale, ancora una volta, la lentezza della regolamentazione nell’adattarsi allo sviluppo tecnologico genererà delle perdite di opportunità; tuttavia già adesso è possibile creare valore dall’uso di strumenti del Web 3, per quanto ancora tutti da esplorare.

Parlo di NFT, che certificano la proprietà di un prodotto digitale, così come anche di prodotti legati alla creatività, all’arte, alla produzione di modelli, format e qualsiasi altro oggetto che attualmente non è coperto da una normativa che ne tuteli la proprietà intellettuale. In aggiunta, proprio gli NFT relativi a diritti di proprietà intellettuale, tramite gli smart contract in essi contenuti, permettono l’automatizzazione del pagamento di royalty ai propri creatori.

Altro strumento interessante è rappresentato dai DAO, ovvero organizzazioni che concedono agli utenti di acquisire una sorta di quota societaria ed esercitare il diritto di voto tramite token.

E ancora nuovi strumenti del web 3, ma meno commerciali, sono i social token e i fan token che hanno uno scopo e un valore, per l’appunto, più legato all’appartenenza e al riconoscimento sociale.

Come impatta tutto questo sul trasferimento tecnologico? in diversi modi. Ad esempio, gli stessi DAO potrebbero essere utilizzati per creare una condivisione di proprietà su prodotti tecnologici, mentre gli NFT già consentono, mediante la loro tokenizzazione, di cedere la proprietà del loro contenuto a terze parti, secondo logiche commerciali ancora tutte da esplorare e in continua evoluzione.

Mediante entrambi, DAO e NFT, è possibile pensare che il valore di un prodotto possa aumentare, in quanto la sua fruibilità, in termini di proprietà e trasferimento, potrà essere sviluppata in diverse direzioni e, quindi, con un livello di adattabilità alle singole esigenze forse più dinamico e competitivo.

Da qui seguono evidentemente nuove opportunità per il trasferimento tecnologico e la valorizzazione della Proprietà Intellettuale date dalle diverse modalità di condivisione e attribuzione di tali prodotti e servizi.

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