Corpo-Casa, il progetto espositivo all’Accademia di Belle Arti.

Magazzini Fotografici e l’Accademia di Belle Arti di Napoli presentano Corpo-Casa, il progetto espositivo a cura di Antonio Biasiucci e Chiara Pirozzi frutto del percorso nella ricerca fotografica d’autore formatasi presso il Corso di Fotografia dell’Accademia di Belle Arti di Napoli e presenta i lavori di Miriam Altomonte, Irene Angelino, Morena Cannizzaro, Martina Esposito, Zoe Ferrara, Liliana Frusi, Alessandra Mascarucci, Maddalena Mone, Serena Petricelli e Valentina Possente.

Corpo-Casa pone in dialogo alcuni fra i progetti realizzati nell’ambito dell’insegnamento di Fotografia come linguaggio d’arte, tenuto da Antonio Biasiucci, concepito come un laboratorio in cui studentesse e studenti vengono incentivati a un’indagine metodica e rigorosa verso temi e contesti non pretestuosi, al fine di arrivare all’essenza del contenuto proposto mediante il linguaggio della fotografia.

Corpo-Casa presenta una serie di lavori accomunati dall’osservazione della dimensione fisica del corpo umano, intesa come ambiente in cui resta traccia dell’esperienza, e della casa, come ambiente domestico in cui permangono i segni del vissuto. La mostra pone in dialogo immagini fotografiche frutto di percorsi indipendenti che le autrici hanno tracciato durante la loro formazione accademica ma che nel momento espositivo ritrovano nei temi e negli scenari indagati, delle inaspettate forme di reciprocità. Nello specifico, la mostra attraversa esempi e modi dell’esistenza, intrecciando rimandi familiari a condizioni collettive. Corpo-Casa suggerisce un percorso intorno al concetto dell’abitare, sia esso legato all’ambiente domestico, e alle sue forme di condivisione, sia alla sfera del corpo, come dimora materiale di sé e dell’altrui.

Nel percorso espositivo, le fotografie di Maddalena Mone raccontano modelli di avvicinamento ai luoghi domestici, dove l’autrice ritrova momenti di tenerezza con i suoi familiari. Nel progetto Utero Maddalena Mone avvia un processo di autoanalisi, ricercando proprio nelle forme del contatto fisico una chiave di autorappresentazione. L’atmosfera intima conduce l’osservatore in un tempo dilatato e in una dimensione sospesa, in cui il silenzio trova risposta negli sguardi dei protagonisti. L’autrice costruisce una memoria familiare fondata sugli ambienti della provincia e della campagna, proponendo un immaginario che dal passato giunge a rappresentare il presente.

 

Searching for the Nowhere Girl è il titolo del Progetto fotografico di Morena Cannizzaro che propone sottoforma di album un memoriale di immagini che l’autrice sviluppa e manipola con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Come il ricordo che gioca con la realtà dei fatti accaduti, la memoria fotografica cede all’immaginazione, creando forme destabilizzanti e ambigue. Le fotografie di Morena Cannizzaro inducono a una riflessione sulle potenzialità e i limiti delle nuove forme di tecnologia digitale attraverso una rilettura parallelamente privata e impersonale dei suoi ricordi.

Serena Petricelli presenta il lavoro E vorrei tu fossi qui che racconta l’esito di un processo esperienziale che l’autrice porta avanti per diverso tempo in cui si prende cura di ambienti abbandonati, restituendone nuova forza espressiva. Nelle fotografie di Serena Patricelli le tracce di un passato rimasto bloccato si fondono e si confondono con i segni dei gesti compiuti dall’autrice in cui, abitando lo spazio, descrive attese e forme sospese d’esistenza.

Miriam Altomonte con il progetto To preserve propone, attraverso un immaginario onirico, moduli alternativi e sovversivi di habitat da preservare, in cui coabitano forme di vitalità e gesti sospesi. Le immagini fotografiche descrivono ambienti in provetta, piccoli fiori custoditi in preservativi come fossero campane di vetro. Gli oggetti proposti da Miriam Altomonte si trasformano in simboli, ovvero in luoghi e corpi da custodire.

Espécies è il titolo del progetto fotografico di Martina Esposito che pone una riflessione sull’idea, e l’ossessione, di bellezza. L’autrice produce immagini ambigue, laddove manipola i contrasti di colore delle fotografie, restituendone dei negativi come ulteriore formula di trasformazione di corpi. Fotografie prive di finalità autoriali si trasformano in immagini che parlano il linguaggio dell’estetica e di tutte quelle forme di stress a cui sottoponiamo il nostro corpo pur di raggiungere l’omologazione a un canone così imposto.

Il progetto fotografico di Liliana Frusi enfatizza e sottolinea, attraverso la moltitudine, il fascino della diversità del corpo umano. Il polittico descrive nel ritmo dell’orizzontalità e della verticalità una serie d’identità raccontate a partire da pance e ombelichi che, come impronte digitali, diventano testimoni d’esistenze singole che, nella loro serialità d’insieme, si trasformano nuovamente in paesaggi attraversabili.

Irene Angelino cattura e rende manifesti, mediante la forma del ritratto, gli stati d’animo di chi vive in una casa famiglia; E lucevan le stelle racconta con delicatezza forme di malessere psicologico e tutti quegli attimi in cui l’assenza e il vuoto prendono il sopravvento, manifestandosi in forme tangibili e intangibili. La condizione personale nelle fotografie di Irene Angelino si trasforma in una condizione collettiva in cui è possibile riconoscersi.

Alessandra Mascarucci mediante la fotografia trouvè ricompone un ambiguo inventario domestico. Le immagini sono state recuperate e selezionate dall’autrice nell’immenso archivio fotografico proposto dai siti web che propongono in vendita oggetti usati; il risultato è la costruzione di un catalogo caotico di prodotti/feticci, in cui non manca il sarcasmo verso le forme del consumo e dello spreco.

Zoe Ferrara presenta una serie di tableaux vivants in cui mescola l’immaginario classico e la figurazione contemporanea. Il progetto intitolato Straticore descrive accumuli di corpi e tessuti che si stratificano e si intersecano nella costruzione di forme plastiche in cui il movimento dei corpi entra il corto circuito con il peso degli indumenti. Zoe Ferrara offre una riflessione sulle forme del possesso e i conseguenti modelli di massificazione che limitano e sacrificano le peculiarità individuali.

Valentina Possente compie un viaggio nelle percezioni sensibili attraverso la rappresentazione di parti del corpo che si sfiorano con l’avvicendamento di passaggi cromatici. Il progetto dal titolo 4 descrive altrettante stanze che rappresentano per l’autrice una serie di stadi dell’anima in cui il corpo umano diviene testimone e traccia di percezioni fisiche e sensazioni emozionali.

Attraverso le immagini proposte dai singoli progetti fotografici, La mostra Corpo-Casa vuole raccontare i percorsi espressivi intrapresi da giovani artiste la cui ricerca in progress vede nel linguaggio della fotografia uno strumento di indagine sui temi comuni dell’abitare e dell’abitarsi, come condizione interna ed esterna al vivere quotidiano.