Opera di Alt in vendita per beneficenza.

Ad un occhio superficiale, l’opera di AltMadonna con bottino” potrebbe apparire una semplice provocazione del comune sentimento religioso. L’effige di una Madonna, che tiene tra le braccia una sagoma di infante composta da fogli di carta, sovrastata da un insulto – “porca” – che sembra scimmiottare un rebus blasfemo. Ma l’arte è tale perché si fa portatrice di altro sé, di messaggi e riflessioni che scavalcano la mera rappresentazione per trasportarci in una dimensione dei significati che richiedono una lettura ulteriore. E, nell’analizzare l’opera, scopriamo che l’intento di Alt non è affatto la gratuita offesa della religione, bensì la denuncia dei vergognosi comportamenti dell’apparato ecclesiastico: la “Madonna con bottino” non è blasfema, è anticlericale, e per dei motivi ben precisi. Ma andiamo alle origini.

È il 2017 quando l’artista rinviene presso la propria casa di famiglia la riproduzione di un quadro raffigurante una Madonna col bambino. Un’iconografia tipica, molto diffusa anche nelle abitazioni private. La Vergine con il bambino, per di più, è spesso esposta nelle camere matrimoniali, quasi come buon auspicio per una vita coniugale feconda e, al tempo stesso, almeno per quel che concerne la donna, composta e sottomessa. La tempra laica dell’artista lo porta a stupirsi nel trovare tracce di devozione proprio nella casa di famiglia, ma in realtà è solo l’inizio. Alt ritrova carteggi, comunicazioni, epistole: documenti che provano che tra la famiglia e la curia locale, nei decenni, è intercorso un commercio di grazie promesse, condono dei peccati, indulgenze e sconti di anni in purgatorio, ovviamente in cambio di denaro. Dunque, le figure devozionali servono a rastrellare un bottino e la Madonna, in tutte le sue forme, viene letteralmente svenduta per questo fine.

È a questo punto che interviene l’esigenza artistica, e la necessità di denunciare non soltanto il sistema di compravendita, ormai noto, ma l’ipocrisia ideologica che fa da sfondo.

 

Il bambino, quindi, diventa il “bottino”, attraverso un’operazione di collage con i documenti recanti le richieste di denaro. E sull’effige della vergine, l’artista riversa la stessa cultura patriarcale che finge di esaltare Maria, esattamente nel momento in cui la sfrutta. La Madonna viene sottoposta a un intervento di decorazione che, in realtà, è offensivo e possiamo esprimerlo da un verso e dall’altro: è coperta d’oro, ma è messa in vendita; è imbrattata, ma in foglia d’oro!

Se la Madonna, come immagine e come idea, è letteralmente merce di scambio, allora l’insulto che le viene rivolto deve corrispondere proprio alla più banale tra quelle che si possono indirizzare alle “malefemmine”: “porca”. La scritta stessa non camuffa la propria volgare ignoranza, è in tutto e per tutto similare al grossolano insulto che potremmo trovare sulla porta di un bagno pubblico, senza nessuna cura grafica o controllo dello spazio: è buttata lì, come il gesto arrogante e squalificante di un ragazzo di quartiere davanti al portone di una ragazza qualsiasi, presa di mira dal bullo.

L’opera, ha più linee di lettura, e una di queste non vilipende la figura della Madonna – alla cui sacralità per altro l’artista non crede. Ciò che egli denuncia è il meccanismo di sfruttamento che il potere clericale, maschilista e subordinante, ha perpetrato nei secoli, proprio rendendo la Vergine un oggetto di culto!
L’aspetto interessante dell’opera è il fortissimo contrasto tra la complessità del concept e la sporcizia esecutiva, che volutamente utilizza materiali preziosi con fare vandalico e dispregiativo. La rabbia, apparentemente, è riversata sulla donna. Ed è riversata con la consapevolezza della ingiustizia che ciò evidenzia. In realtà lo scherno, la protesta denuncia l’entità occulta che da duemila anni ha reso la Madonna un prodotto in vendita.

Dall’altro lato, l’artista, ritiene «la Madonna idolo ad uso e consumo del patriarcato, usato nei secoli per dominare e atterrire la donna, colpevolizzandola per la sua sessualità – ha dichiarato Alt – La Madonna è negazione della donna, insulto verso tutto il mondo femminile. La verginità esibita oltre ogni possibilità di realismo tipica di questa figura, mette la donna in posizione subordinata, e la macchia indelebilmente: la donna reale non può restare vergine e partorire, non può restare incinta senza atto sessuale, quindi è e sarà sempre peccatrice. Per questo “Porca” in realtà è anche verso questa icona, figlia del peggior patriarcato, che tanto male ha fatto alle donne e alla nostra percezione di esse».

Anche noi, per i nostri fini, sfruttiamo questa popolare immagine per requisire fondi per il nostro Festival: è, infatti, possibile acquistare l’opera della “Madonna con bottino” per contribuire alla raccolta fondi di Ceci n’est pas un blasphéme, il festival delle arti per la libertà d’espressione contro la censura religiosa, in programma a Napoli il prossimo settembre.

Con la direzione artistica di Emanuela Marmo, Ceci n’est pas un blasphème desidera portare in Italia casi internazionali ed esplorare l’influenza dei fanatismi sulla produzione culturale nazionale, richiama le amministrazioni a garantire la libertà di culto riconoscendo al pensiero laico e ateo eguale importanza.

Non beneficiando di finanziamenti pubblici né di sponsorizzazioni private, gli unici produttori del Festival sono gli spettatori, grazie alle donazioni spontanee https://articensurate.it/supportaci/ o all’acquisto di opere d’arte  https://articensurate.it/category/opere/