Coronavirus, il dramma dei senza fissa dimora, associazioni e famiglie in loro aiuto.

“Sono circa duemila, prima erano degli ‘invisibili’, oggi invece sono gli unici visibili nelle strade deserte”. Così Luca Musella, della Comunità di Sant’Egidio descrive gli homeless di Napoli, la cui vita è diventata ancora più difficile al tempo del coronavirus.

Italiani rimasti senza nulla, immigrati che avevano piccoli lavori e li hanno persi, anziani se possibile ancora di più abbandonati. Musella insieme agli altri volontari porta loro un pasto la sera, alla stazione di Piazza Garibaldi, nella Galleria Principe, nei parcheggi del Centro Direzionale.

“Molti di loro chiedevano l’elemosina – ricorda Musella – altri aiutavano piccoli commercianti a scaricare le forniture, piccole cose che ora non esistono più”.

Ma la chiusura della città ha portato via anche piccoli gesti di sostegno: “A Napoli ogni bar, ogni rosticceria, regala un cornetto, un piatto di pasta, anche solo un cappuccino caldo. Ora sono tutti chiusi”, ricorda Musella.

Si è rimboccata le maniche e, con l’aiuto delle sue due bambine, ha iniziato a cucinare per i senzatetto. Flavia Brescia abita nel quartiere Montesanto, a Napoli, e da ieri cucina per chi, in questo momento di emergenza sanitaria per il coronavirus, più che in altri momenti, non ha pasti caldi.

“Ho un cane ed ero uscita per le sue necessità – racconta – Per la prima volta, mi hanno chiesto cibo e non soldi. Hanno fame”.
E così, con una spesa inferiore ai 5 euro, ha comprato pasta, pomodoro, vaschette in alluminio e ha preparato 12 pasti, a casa, con l’aiuto delle sue bambine, di 10 e 9 anni.

“Quando ho detto loro: ‘Cuciniamo per chi vive per strada e non ha una casa’, sono state felicissime. Si sono date da fare senza problemi – afferma – Sono abituate alla collaborazione dalle esperienze del campeggio. Hanno messo le porzioni nelle vaschette e hanno disegnato dei sorrisi su ogni pacchetto da consegnare. Si sono divertite a fare qualcosa per gli altri, qualcosa di diverso”. (ANSA)