Pietà de’ Turchini, doppio appuntamento mercoledì 15 e sabato 18.

Doppio appuntamento musicale  Mercoledì 15 novembre, Chiesa di Santa Caterina da Siena ore 20,30;  Sabato 18 novembre Chiesa di San Carlo all’Arena ore 18,45

Continua con un calendario fitto di appuntamenti il programma concertistico della Fondazione Pietà de’ Turchini:

domani 15 novembre alle 20.30 il concerto :

Vedrai che amore – un viaggio alla riscoperta delle cantate e delle sonate di Johann Adolf Hasse

Ensemble Le Musiche Nove

Veronika Kralova, soprano

Elisa Cozzini, flauto traverso

Viola Mattioni, violoncello

Francesco Tomei, viola da gamba e contrabbasso

Marco Pesci, tiorba e chitarra barocca

Andrea Perugi, clavicembalo

Claudio Osele, direzione artistica

Programma

(una selezione di brani dalla nuova incisione):

Johann Adolf Hasse

Sonata per flauto traverso e basso continuo op.1, n.11

Clori mio ben, cantata per soprano e basso continuo

Sonata per clavicembalo in Sol maggiore

Perché leggiadra Irene, cantata per soprano e basso continuo

Sinfonia a violoncello solo

Pallido il volto, cantata per soprano, flauto traverso e basso continuo

 

Una raccolta di composizioni vocali e strumentali nella nuova edizione critica di Claudio Osele – per la maggior parte del tutto sconosciute ed in prima esecuzione in tempi moderni – che rivelano un aspetto inconsueto, intimo e raffinato di uno dei più grandi compositori del Settecento. Lontano dagli spazi teatrali dell’opera seria, in un rapporto diretto e di vicinanza anche fisica con un ascoltatore assai sensibile al minimo gesto espressivo e timbrico, la musica di Hasse si fa veicolo di un sentire in cui gli affetti più contrastanti fioriscono, passando dalla rarefatta melancolia all’ironia gioiosa, dalla solare dolcezza amorosa alla cupa tenebra del dolore, creando immagini d’inafferrabile beltà che ben si specchiano nei coevi dipinti di Francesco Guardi.

 

Le Musiche Nove

L’ensemble, fondato da Claudio Osele nel 2001 per dare concreta e diretta realizzazione musicale al lavoro di ricerca e edizione da lui svolto sulle fonti manoscritte del 17˚e 18˚secolo, è costituito da rinomati musicisti attivi nel campo dell’esecuzione filologicamente informata.

Le Musiche Nove si sono esibite, tra l’altro, al Concertgebouw di Amsterdam, ai festival di Salisburgo e Lucerna, alla Philarmonie e alla Konzerthaus di Berlino, all’Accademia di Santa Cecilia in Roma, alla Herkulessaal di Monaco di Baviera, al Théatre des Champs-Elysées di Parigi e alla Kissinger Sommer.

L’interesse di Claudio Osele per un repertorio ingiustamente dimenticato, o non appieno valorizzato, si riflette non solo nell’attività de Le Musiche Nove ma è anche all’origine, grazie alle edizioni critiche da lui approntate, di registrazioni d’arie d’opera di Vivaldi, Gluck, Salieri e Righini e, in Opera proibita, di arie dagli oratori romani di Scarlatti e Caldara, che hanno gettato nuova luce su questi compositori.

Recentemente, un progetto ad ampio raggio dedicato alla riscoperta del repertorio della scuola napoletana di primo Settecento ha portato all’incisione per Deutsche Harmonia Mundi-Sony di Lava, un CD con protagonista il soprano Simone Kermes.

 

Ingresso a pagamento

Biglietto intero € 10,00 | Biglietto ridotto € 7,00*

over 60, under 30, Soci Fai, Feltrinelli Card, Wine&theCity Card, Artecard, Associati Distretto Culturale Siti Reali

Biglietti disponibili sul circuto online azzurroservice.net o al botteghino mezz’ora prima del concerto

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Sabato 18 novembre alle 18,45 nella Chiesa di San Carlo all’Arena la Fondazione propone un Viaggio nell’Italia della Musica sacra: da Lotti a Panariello

con l’ensemble vocale Exultate Deo diretto da Davide Troìa e l’ensemble di percussioni Ahirang di Gennaro Damiano

Il concerto si inserisce in una rassegna che la Fondazione ha ideato rispondendo ad un Bando promosso dal  MIBACT per la salvaguardia del patrimonio e la musica tradizionale, cui ha dato il titolo  “Note da Salvare

Momento culminante della madre “viandante” terrena, votata alla celestialità in una assunzione stupefacente, è l’esperienza nel dolore della perdita del proprio “frutto”.

Le tappe della sua vita di madre generano testi spirituali di estrema poesia che culminano con la sequenza Stabat Mater attribuita a Jacopone da Todi. La duecentesca “preghiera” parte dalla contemplazione degli “affetti” racchiusi nella sofferenza della Vergine al cospetto del figlio crocifisso per approdare al desiderio dell’orante di essere reso partecipe di quelle stesse pene affinché possa partecipare alfine a quella beatitudine catartica presaga di scenari paradisiaci.

La successione di terzine sin dal suo apparire diviene patrimonio comune e leggendario suggestionando la fantasia di molteplici artisti che intonano incessantemente il testo “favorito” rivestendolo di note idonee a suscitare la giusta fascinazione dei fedeli; forme e stili di volta in volta restituiscono l’alto portato della drammatica pagina creando le giuste atmosfere sonore atte a coinvolgere gli astanti in questo percorso di sofferenza presago di un paradisiaco approdo.

Nel corso dei secoli le venti stanze – variamente utilizzate – ispirano musica di indubbia suggestione ispirata alle più progredite istanze compositive – si pensi anche alle continue modifiche inferte, nel corso del primo secolo dalla composizione, al diffusissimo Stabat pergolesiano affinché risultasse sempre “aggiornato” – tese a commuovere e scuotere le “platee” più dissimili.

Gaetano Panariello si inserisce nel solco di questa lunga tradizione testimoniando la modernità del tema che non ha né tempo né “luogo”. Il cimento del compositore costituisce un’ulteriore riflessione musicale sul testo rivelando prospettive inedite e desuete grazie a scelte sorprendenti in cui si sommano esperienze variegate e colte suggestioni.

La cifra stilistica è quella consolidata dalla lunga militanza compositiva tesa a una stratificazione di saperi, complessa e dotta, elaborata inseguendo un progetto di adamantina linearità in cui sembrano ormai cadute quelle barriere che avevano causato l’insanabile frattura tra l’artista e il pubblico, dove solo un milieu di eletti riusciva a “decifrare” e interagire con l’opera d’arte. La ferita sanata e la comunicazione ripresa ricrea quel dialogo empatico all’insegna di un comune sentire, Panariello conosce le attese del pubblico e le sollecita senza mai tralasciare quel giusto margine a una sperimentazione che diviene “rassicurante”, stimolante. Il compositore campano partecipa a pieno diritto a quel fermento che invade ormai le arti tutte tese a riannodare i “rapporti” con lo “spettatore”, anzi con gli “spettatori”: in maniera trasversale si soddisfano le esigenze di gruppi eterogenei costruendo nuove strategie estetiche e di mercatura.

L’organico della partitura prevede oltre al sassofono contralto, una grande quantità di percussioni affidate a cinque esecutori di grande abilità che con virtuosismo debbono passare da uno strumento all’altro con una certa tempestività. Tastiere a suono fisso (due vibrafoni, una marimba, un glockenspiel), timpani, una serie di toms (alto, medio, grave), tamburi, tre diversi tipi di piatti sospesi, tam-tam, gran cassa, tre woodblocks, campane tubolari, barchine, frusta, lastra metallica sono il mondo strumentale previsto da Panariello per il suo Stabat, ensemble destinato a subire in fase di concertazione alcune modifiche riproponendo scenari di prassi di tutt’altra stagione in cui le esigenze esecutive possono determinare “improvvisazioni” inattese. Le voci solistiche e il coro completano l’organico della complessa e raffinata partitura costruita sulle identiche scelte testuali di Pergolesi – come l’autore jesino, Panariello suddivide la sequenza in dodici sezioni – e facendo leva su una memoria musicale varia in cui si incontrano e convivono linguaggi disparati.

Ancora una volta il teatro spirituale di Gaetano Panariello parla al mondo con il linguaggio della conciliazione e dell’universalità che travalica qualsiasi identità predefinita, la dolente “banda” funebre emerge con forza portando con sé esperienze “altre” che si confondono in memorie dissimili e contrastanti presto vanificate dal radioso «Paradisi gloria». (Note a cura di Paologiovanni Maione)

 

Gaetano Panariello, compositore e didatta napoletano, è stato allievo di Aladino Di Martino e Franco Donatoni per la composizione e di Carmen Gambardella e Tita Parisi per il pianoforte.

Docente nei Conservatori Italiani dal 1982, dal 2008 è titolare della cattedra di Composizione presso il Conservatorio di musica “S. Pietro a Majella” di Napoli. E’ stato docente a contratto di Musicologia presso l’Università degli studi di Salerno. Dal 2000 al 2005 è stato Direttore del Conservatorio di musica “D. Cimarosa” di Avellino.

Attivo dal 1980 come autore di musica lirica, sinfonica e da camera, figura nelle programmazioni del Teatro San Carlo di Napoli già dal 1992 con il balletto Immago, divenendone subito uno dei principali compositori-ospiti: Il Guarracino, Biancaneve, Sogno di una notte di mezza estate, Pinocchio, I Cantori di Brema, Al lupo, al lupo, Viaggio in Italia, Peter Pan, Un bambino di nome Gennaro, alcune delle opere espressamente composte per il Massimo napoletano e replicate con successo e riconoscimenti della critica al Nuovo Piccolo di Milano nelle stagioni della Scala, al Palazzo Tè di Mantova, al Teatro Giuditta Pasta di Saronno, alla Scuola Civica di Milano, al Piccinni di Bari, al Rendano di Cosenza, al Verdi di Salerno, al Gesualdo di Avellino, al Ravello Festival, al Festival Nuova Consonanza di Roma…)

La carriera internazionale, oltre che in Europa, lo ha visto presente negli Stati Uniti con importanti commissioni (inaugurazione del CAC Center of Tulsa in Oklahoma nel 2006; celebrazione del 25° della fondazione della John Hopkins Orchestra di Baltimora nel 2008 (Triplo Concerto per pianoforte, oboe, fagotto e orchestra e successiva  touneè nel New Jersey nel 2009) ed in Brasile (Il libro degli esseri immaginari).

Autore di musica sacra (due oratori – Nativitas e Sacrum Opus – un Requiem, un Magnificat per tre cori, numerosi Mottetti e composizioni sacre entrate stabilmente nel repertorio di prestigiose associazioni corali di tutto il mondo) ha pubblicato ed inciso musica per Casa Musicale Sonzogno (Milano), Simeoli (Napoli) E.S.I. (Edizioni Scientifiche Italiane), Casa Editrice Gruppo Elettrogeno ( Roma).

Davide Troia, diplomato in Musica Corale e Direzione di Coro con C. Pagliuca, in Composizione con A. Di Martino e G. Panariello, in Strumentazione per Banda, in Pianoforte e in Canto, ha frequentato il corso biennale di perfezionamento in Direzione di Coro con Norbert Balasch presso l’Accademia Nazionale di S. Cecilia a Roma, il corso di Direzione di Coro, pratica corale e vocalità antica “R. Goitre” con G. Acciai, corsi sulla musica corale contemporanea con B. Zanolini, G. Hollerung, G. Graden. Ha seguito seminari di musica antica con C. Cavina, G. Banditelli, C. Ansermet, R. Invernizzi, A. Florio, e alla Civica Scuola di Musica di Milano con R. Gini e C. Miatello. E’ fondatore e direttore, dal 1990, del Coro Polifonico “Exsultate Deo”, alla cui guida ha partecipato a prestigiosi festivals e ottenuto riconoscimenti e premi in concorsi nazionali ed internazionali.

Affianca all’attività di direttore quella di controtenore, svolgendo attività solistica e in gruppi vocali. Ha realizzato numerose elaborazioni per coro; ha ricoperto il ruolo di giurato in importanti concorsi di Composizione Corale. E’ docente di Direzione di Coro e Composizione Corale presso il Conservatorio “L. Canepa” di Sassari.

Ingresso Gratuito fino ad esaurimento dei posti disponibili

Ufficio Stampa; info@turchini.it; cell. 335492769

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