Rapido 904, 40 anni fa la strage di Natale

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Era il 23 dicembre 1984, una domenica pre-natalizia che sarebbe entrata tristemente nella storia italiana come la “strage di Natale.”

Quel giorno, una bomba esplose a bordo del treno rapido 904, che viaggiava da Napoli a Milano. L’ordigno detonò mentre il convoglio attraversava la galleria appenninica tra Vernio, in Toscana, e San Benedetto Val di Sambro.

L’esplosione causò la morte di sedici persone, tra cui tre bambini, e ferì altre 260 persone. La gravità dell’evento lasciò un segno indelebile nella memoria collettiva del Paese.

Questo tragico attentato avvenne in un’area già tristemente nota per un altro attacco ai danni di un treno, quello all’Italicus nel 1974. Il contesto di quel periodo era caratterizzato da un clima di tensione e violenza in cui la loggia massonica P2 aveva svolto un ruolo centrale. Anche nel caso del rapido 904, la bomba fu collocata in un vagone di seconda classe durante una sosta alla stazione di Santa Maria Novella a Firenze. Il dispositivo esplosivo fu confezionato da un artificiere tedesco su ordine della mafia siciliana, conosciuta come Cosa Nostra.

Fra i responsabili individuati, Pippo Calò, noto come il “banchiere della mafia,” fu condannato all’ergastolo. Salvatore Riina, altro elemento di rilievo della criminalità organizzata, fu assolto in primo grado ma morì prima della chiusura del processo d’appello.

Le indagini evidenziarono legami con la camorra napoletana e portarono alla condanna di un ex senatore del Movimento Sociale Italiano (Massimo Abbatangelo, poi assolto in appello dal reato di strage, ndr) per possesso di esplosivo. Tuttavia, le connessioni tra i vari elementi di questa rete criminale restano in parte oscure.

La strage di Natale contribuì a definire il concetto di “terrorismo mafioso,” un termine che ritornò in auge negli anni ’90 con gli assassini di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e le esplosioni di bombe a Milano, Firenze e Roma nel 1993. Esistono collegamenti, come il tipo di miscela esplosiva utilizzata, ma mancano ancora pezzi cruciali del puzzle. Pippo Calò aveva legami con i servizi segreti deviati, quei segmenti corrotti delle istituzioni che rispondevano a Licio Gelli, il capo della loggia P2, e furono coinvolti nella strage di Bologna del 1980.

In tal senso, lo scorso febbraio, la procura di Firenze ha deciso di riaprire le indagini sull’attentato del 1984, grazie alla declassificazione di documenti che, fino ad allora, erano coperti dal segreto di Stato. Nonostante siano passati quarant’anni, l’intera verità sulla strage di Natale non è ancora emersa. Questo non sorprende, poiché la storia italiana è segnata da episodi in cui la giustizia è stata ritardata o ostacolata.

Per mantenere viva la memoria di quel giorno tragico, sono previste commemorazioni sia a San Benedetto Val di Sambro che a Vernio in Toscana. Questi eventi servono a rendere omaggio alle vittime e a sottolineare l’importanza di perseguire la verità, nonostante il passare del tempo.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«Ricorrono quarant’anni dall’antivigilia del Natale 1984, quando una bomba squarciò i vagoni del treno rapido 904 che percorreva la grande galleria dell’Appennino.

Fu una strage spaventosa, di impronta terroristico-mafiosa, come avrebbe accertato la magistratura.

Sedici vittime, quasi 300 feriti. Distrutta la vita di donne e uomini inermi, che tornavano per le festività nelle loro terre d’origine.

Anche tre bambini fra le vittime di tanta disumanità.

Ancora una volta, il tentativo era attentare alla pacifica convivenza del Paese.

Si allungava la catena dei criminali attentati ai treni, in continuità con le stragi compiute dall’eversione nera. Una strategia di intimidazione e destabilizzazione che la mafia avrebbe replicato contro la Repubblica anche nel decennio successivo.

Il primo, intenso pensiero è rivolto ai familiari e a tutti coloro che da allora hanno portato il peso del dolore più intimo e incancellabile. La solidarietà che oggi si rinnova trova le sue radici nella risposta che il popolo italiano seppe, unito, esprimere di fronte all’attacco eversivo.

Le Istituzioni seppero respingere il ricatto e difendere la democrazia grazie alla reazione civile e all’amore per la libertà degli italiani.

Questo è il testimone da consegnare alle generazioni più giovani».

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