Ordine Avvocati, ipotesi inquietanti di reato. Avv. Varriale: la magistratura sia terza.

pubblichiamo la lettera che l’Avv. Lucio Varriale, medaglia d’oro dell’Orrdine Forense, ha inviato al Procuratore Capo F.F., al Procuratore Aggiunto Sezione Criminalità Economica ed al Guardasigilli in merito alle ipotesi di reato che sarebbero state contestate agli organi amministrativi dell’Ordine degli Avvocati di Napoli

Al procuratore capo reggente della Procura di Napoli Dottssa Rosa Volpe

Al Proc. Agg. Sez. Criminalità economica Procura Napoli Dr. Vincenzo Piscitelli

p.c.
A S. E. Il Ministro della Giustizia
Senatore Carlo NORDIO

Agli organi di stampa

Oggetto: Debito con l’erario da un milione e centomila euro del Consiglio Ordine
Avvocati Napoli:

IPOTESI DI PECULATO?
IPOTESI DI INQUINAMENTO PROVE?
IPOTESI DI ESTORSIONE?

Le tre gravissime ipotesi investigative, che riguarderebbero il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, sono connesse all°autentica “bomba” scoppiata nelle scorse settimane, quando è divampata sui media la notizia di un debito stellare da1 milione e 100.000 euro contestato dall”Agenzia delle Entrate al COA Napoli, che avrebbe omesso il pagamento di contributi e quant”altro dovuto allo Stato.

La dirompente scoperta è arrivata con l’esposto di tre consiglieri dell’Ordine, gli avvocati Eugenio Pappa Monteforte, Sabrina Sifo ed Ilaria Imparato, che avevano presentato una
dettagliata denunzia in Procura sull’accaduto per fare chiarezza su fatti e responsabilità.

Da quel momento il Consiglio ha inviato perentorie mail agli iscritti con richieste di immediato pagamento per somme risalenti perfino ai remoti anni ’90, pena la sospensione dall’Albo, generando panico e sconcerto in una categoria già frustrata da fenomeni come il predominio di grossi studi legali, provvisti di “corsie preferenziali” per i loro clienti, o dalla conseguente penuria di clientela per tutti gli altri, perennemente tartassati da imposte effettive, oggi anche dal fantasma di vecchi tributi da pagare cash. Una crisi che alimenta a valanga il fenomeno gia in atto dell’abbandono della toga per migliaia di professionisti, penalizzati da bassi redditi,
enormi spese e scarse tutele, tanto che nel 2021 si sono registrate 8.707 cancellazioni,
il doppio rispetto a sette anni fa.

E’in questo clima awelenato che venerdi l2 novembre qualcuno di sera tardi o di prima mattina ha avuto accesso al Tribunale, ha raggiunto la sede del COA e quella della Camera Penale, lasciando in quest’ultimo locale e lungo le scale scritte con la bomboletta spray rossa che non lasciano dubbi: “1.100.000 euro ~ Fuori i ladroni!”.

Nelle decine di titoli apparsi sui media in queste ora si rincorrono tre ipotesi investigative, una più inquietante dell”altra. La prima riguarda il peculato. Scrive Il Mattino sabato 12 novembre: <<Una vicenda, quella dei contributi non versati, su cui è al lavoro anche la Procura di Napoli, che ha deciso di aprire un fascicolo sulla scorta di una denunzia inoltrata da consiglieri dell”Ordine. L’inchiesta è condotta dal pool Reati contro la Pubblica Amministrazione, l’accusa ipotizzata è quella di peculato».

Al dettagliato esposto dei tre consiglieri Pappa Monteforte, Sifo e Imparato, aveva fatto seguito l’affilata denunzia in Procura dell’avvocato Lucio Varrìale, altro osso duro della categoria nonché Medaglia d’oro dell’Ordine forense, che sulla sconcertante vicenda lo scorso 24 ottobre aveva inoltre inviato una richiesta di commissariamento del Consiglio, trasmessa per conoscenza anche al Guardasigilli Carlo Nordio.

«A seguito delle notizie apparse sui media circa la posizione debitoria per oltre 1.100.000 euro a carico del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli per mancato pagamento di tributi – dichiara l’avvocato Varriale – avevo ricevuto numerose richieste dei colleghi di promuovere azioni per tutelare il decoro degli avvocati napoletani. Pertanto avevo chiesto al Presidente del COA e al Consiglio tutto di procedere autonomamente al commissariamento dello stesso».

In seguito analoga istanza veniva presentata dai tre consiglieri denunzianti i quali, proprio a
seguito del mancato scioglimento del Consiglio, in queste ultime ore si sono dimessi.
“L’auto-commissariamento – spiega l’avv. Varriale – avrebbe potuto evitare l’aggravarsi del conflitto interno e del malessere che sta colpendo centinaia di colleghi, pressati sui presunti “arretrati” proprio in un periodo economico tra i più difficili per l’intero Paese e per questa categoria in particolare. A nome mio e degli avvocati che rappresento, ritengo il mancato scioglimento una decisione che offende l’onore e la dignità della categoria, valori che hanno invece dimostrato, con le loro dimissioni, i tre coraggiosi consiglieri che avevano denunziato lo scandalo».

Tuttavia, pur dopo le denunzie in Procura, nulla si era mosso sul piano investigativo.
Anzi, fino alla vicenda delle scritte sui muri della Camera Penale, il milione e passa mancante sembrava destinato a finire nell`oblio dei media. In questo silenzio il COA, pur nell’esercizio di un diritto-dovere, con le incalzanti mail ai colleghi recuperava circa 600mila euro ma, secondo molti avvocati, proprio questo tentativo di ripianare almeno in parte il debito con l’Agenzia delle Entrate accrescerebbe il rischio che cada il velo anche sulle responsabilità degli ammanchi.

«In un caso del genere – sbotta un penalista – se si fosse trattato di un’impresa qualsiasi o di una qualunque pubblica amministrazione, la Procura avrebbe assunto tempestivi provvedimenti cautelari. Stavolta invece non succede niente e se qualcuno all’interno del Consiglio avesse delle responsabilità penali, sarebbe tuttora libero di
inquinare le prove».

Ma in seno alla categoria si fa strada anche un’altra ipotesi di reato, connessa proprio all’aut aut, definito “una minaccia” offensiva e inaccettabile, nella mail ricevuta dagli avvocati: «In mancanza di pagamento dell ‘intero importo Lei sin d ‘ora è convocato dinanzi a codesto Consiglio per il giorno 11/11/2022 ore 13. All’esito, in assenza di pagamento, si provvederà, nella medesima seduta, alla sospensione dali ‘Albo”, (testo riportato dal Corriere del Mezzogiorno di venerdi scorso).

Rincara la dose il penalista Gennaro De Falco, editorialista del Riformista, che scrive: «Si ha notizia della notifica a numerosi avvocati sotto minaccia di sospensione dall°albo di richieste di pagamento (. . .) Molte delle somme di cui si assume il mancato pagamento sarebbero relative a debiti assai remoti nel tempo e quindi prescritti (_ . _). A questo caos si aggiunge il fatto che molti dei presunti “morosi” asseriscono di aver pagato quanto richiesto.

Ulteriori risvolti emergono da articoli con notizie fuorvianti. Secondo il Mattino di sabato 13 novembre, la denunzia dei tre consiglieri sarebbe stata presentata a seguito delle mail con richieste di pagamento, mentre tutti gli aVVocati confermano che la raffica di mail è partita solo dopo la denunzia che ha fatto esplodere lo scandalo sui giornali; inoltre il quotidiano scrive sarebbe stato il presidente del COA a denunciare le omissioni contabili, mentre il caso è stato aperto dalla denunzia dei tre consiglieri.

Ancor più inquietanti risuonano dichiarazioni come quelle dell”aVV. Marco Campora, presidente della Camera Penale. In un comunicato dell’11 novembre Campora, riferito alle scritte rosse sui muri della Camera, parla di “calunnie” (laddove invece l”ignoto writer, pur nella inaccettabile forma, ha scritto il vero).
Ancora, l’Avv. Campora dichiara che “la Camera Penale non c°entra niente”, come se tutti i penalisti non fossero comunque iscritti anche al Consiglio dell`Ordine degli Avvocati. Infine si lamenta del “giustizialism”: proprio lui, massimo esponente di quella stessa Camera Penale che convive da anni con gli abusi di quella che è stata definita dall’editorialista del Mattino Massimo Adinolfi la “Procura degli orrori”.

Quella stessa Procura che, specie nel quinquennato del procuratore capo Giovanni Melillo, è stata bersagliata da accuse al vetriolo da parte della stampa non allineata.
Basti ricordare l”editorialista del Corriere della Sera Fabio Postiglione, che definiva il dott. Melillo «Un magistrato che negli anni ha Deteriorato, fino a cancellarlo, ogni rapporto tra inquirenti e giornalisti. Che ha controllato in maniera militare le fonti di polizia giudiziaria, trasformando investigatori di primo piano in passacarte intimoriti. Che ha sospeso per poi riattivarli e per poi sospendere ancora, gli accessi agli uflìci per i giornalisti. Una procura, quella di Napoli, che ha arrestato e fatto processare centinaia tra imprenditori e politici che quasi sempre, dopo anni, sono stati assolti ()››.

Senza contare le decine e decine di titoli dei quotidiani nazionali, con duri attacchi alla Procura e al Tribunale di Napoli, sia sul fronte della mancata libertà di stampa, sia sull’esasperato giustizialismo.

Ma il punto, secondo un gruppo di agguerriti awocati, è ancora un altro: «chiunque si
aggiri nel Palazzo di Giustizia trova affissi quotidianamente decine di manifesti e locandine che annunciano convegni ed altri eventi che vedono la presenza congiunta di avvocati e magistrati di questo Foro. Non sarebbe opportuno, allora, che la delicata indagine sul Consiglio dell’Ordine degli Avvocati venisse affidata ad una Procura meno “coinvolta” da tanta abituale, cordiale frequentazione con la categoria su cui deve indagare, almeno per evitare situazioni di “imbarazzo”?”.

“Una riflessione, questa, che non si può non condividere – osserva l’avv. Varriale – nel deferente ricordo di eroi della Giustizia come il Beato Rosario Livatino, secondo il quale un
magistrato non solo deve essere terzo, ma deve anche apparire tale».
Intanto, mentre si avvicinano le elezioni di gennaio che rinnoveranno proprio le cariche in seno al COA, sarebbero già partite le grandi manovre per affrontare le conseguenze di questo scandalo: «I responsabili non si candideranno – sibila un avvocato – ma sosterranno i loro amici affinché li tutelino sotto il profilo giudiziario perche, almeno sul piano civile, ne dovranno rispondere››.

“A fronte di una simile, degradante situazione – questa la dura conclusione dell”awocato Varriale – riteniamo che solo un intervento del Ministro Carlo Nordio potrà restituire dignità agli avvocati napoletani. E’ vero che il dicastero di Via Arenula è competente sui magistrati e non direttamente sugli avvocati, ma è altrettanto indubitabile che in quello stesso edificio ha sede anche il Consiglio Nazionale Forense, massima espressione della categoria. Questa vicinanza, di grande portata simbolica, conferma il peso specifico e il ruolo strategico dell’Avvocatura
sulle garanzie costituzionali di difesa, di libertà di espressione, di terzietà ed indipendenza della Magistratura».

alleghiamo anche la richiesta di commissariamento avanzata proprio dall’Avv. Varriale

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