E adesso la palla passa a me, presentato il libro di Antonio Mattone sul carcere.

Malavita, solitudine e riscatto nel carcere. Sono i temi che affronta Antonio Mattone nel libro “E adesso la palla passa a me” (Guida Editori, 2017), con la prefazione di Andrea Orlando, ministro della Giustizia, e la presentazione di Alessandro Barbano, direttore del quotidiano “Il Mattino”.

L’autore ne ha parlato nel pomeriggio di giovedì 10 maggio nella sede della Fondazione Premio Napoli, all’interno di Palazzo Reale. All’incontro, introdotto da Domenico Ciruzzi, presidente della Fondazione Premio Napoli, sono intervenuti Nicoletta Coccoli, avvocato, Alfredo Contieri, vicepresidente della Fondazione Premio Napoli, Ettore Ferrara, presidente del Tribunale di Napoli, e Umberto Ranieri, presidente della Fondazione Mezzogiorno Europa.

Una riforma carceraria culturalmente indifferibile è in una fase di ulteriore stallo – sottolinea Domenico Ciruzzi, presidente della Fondazione Premio Napoli – ogni iniziativa civile su questi temi, come la presentazione dell’appassionato libro di Antonio Mattone, deve rappresentare necessariamente un’occasione per sollecitare la politica, puntando all’approvazione della riforma in corso”.

Bisogna proseguire – prosegue Umberto Ranieri – e battersi affinché sia vero il principio della finalità rieducativa della pena. Occorre  ad esempio applicare misure come la messa alla prova e misure limitative della libertà non carcerarie”.

Mattone ha ripercorso nel volume dieci anni di esperienza come volontario nel carcere di Poggioreale e in altri penitenziari italiani, attraverso gli editoriali pubblicati sul quotidiano “Il Mattino”. Al centro degli articoli, i problemi e le vicende di cui tanto si parla: sovraffollamento, sicurezza, violenza, salute, Opg, diritti negati. Il risultato è un’antologia capace di lanciare al lettore un messaggio universale: umanizzare le carceri per migliorare la società. “E adesso la palla passa a me” è la frase scritta da un detenuto in una lettera inviata a Mattone: “Quando uscirò dal carcere la palla passa a me, come mi hai detto tante volte tu”.

All’improvviso – conclude l’autore Antonio Mattonequando entri in carcere entri in un mondo sconosciuto, nel quale sei privato degli affetti più cari dove il tempo non passa mai e sei li a aspettare che succeda qualcosa, che ti chiami qualcuno, un avvocato, un agente. Significa essere anonimo nonostante la compagnia, tante volte poco raccomandabile. Alla fine del mio viaggio solo un dato sembra inconfutabile: umanizzare il carcere farà bene a chi è detenuto come a chi non lo è”.

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