Coronavirus, la testimonianza dal mondo dello spettacolo, intervista a Mario Raffaello Lucarelli.

di Lucia Stefania Manco

Roma – La pandemia Covid-19 che ha colpito il mondo ha aperto scenari inediti. Le restrizioni sugli spostamenti con la chiusura delle attività commerciali, delle scuole, dei teatri, dei cinema, hanno inferto un duro colpo alla nostra economia. Il divieto di assembramenti nei luoghi pubblici con l’obbligo di indossare la mascherina, di evitare i contatti più semplici, come una stretta di mano o un abbraccio, hanno cambiato radicalmente le nostre abitudini, il ritmo di vita e la percezione stessa del nostro tempo. Un tempo nuovo dove abbiamo tirato fuori la capacità tipica di noi italiani di adattarci ed ingegnarci. Un tempo cupo, dove ogni sera attendiamo con il fiato sospeso il bollettino dei morti e dei contagi con un pensiero di profonda ammirazione per i nostri infermieri e dottori che combattono in prima linea un nemico “invisibile”. Una brutta pagina della nostra storia che speriamo di voltare presto. Raccontarla attraverso anche le storie di chi la vive e combatte non è solo un dovere di cronaca, ma anche un modo per esorcizzare  la paura di fronte a questo “sconosciuto” nemico. Per non arrenderci, per continuare a combattere, a vivere, a respirare…

A raccontarsi a nostri lettori è, in questa intervista, l’attore romano Mario Raffaello Lucarelli. L’abbiamo visto in numerose fiction e serie tv, da “Vivere” alle “Tre Rose di Eva”, passando per “Incantesimo”, “Orgoglio”, “Don Matteo”, “Un Medico in famiglia”, “Distretto di Polizia” e “Derelitto & Castigo”, una web serie comico-grottesca di dieci puntate su Youtube diretta dalla regista partenopea Tina Guacci. Nel cast attori partenopei e romani: Enzo Casertano, Giuseppe Vitolo, Barbara Russo, Roberto Fazioli e Fabrizio Ripesi. Passando al Cinema, Mario Raffaello Lucarelli è stato interprete di vari personaggi in diversi film. Ricordiamo “Belli di Papà” per la regia di Guido Chiesa, “Il Prestito” di Caterina Rogani e “Ho amici in paradiso”, regia di Fabrizio Maria Cortese. Attualmente Lucarelli è impegnato nella preparazione di un film sulle carceri, ambientato a Napoli. Alla regia la giovane promessa Jay Ruggiano. Nel 1998 Mario Raffaello Lucarelli esordisce a teatro (Teatro di Documenti a Roma) nel ruolo del grande scrittore russo Anton Pavlovič Čechov con lo spettacolo “Olga per sempre”, regia di  Cristiano Censi e Isabella del Bianco.  Tra le numerose pieces teatrali ricordiamo l’esilarante commedia “Il Geco” del 2012 per la regia di Fabrizio Ripesi. Nel 2013 riceve il premio come migliore attore protagonista con il corto “Il Cavatappi” – testo e regia di Daria D Morelli – al 13mo Festival della Drammaturgia Italiana al Teatro Tordinona di Roma. Attualmente insegna Dizione, Interpretazione e Recitazione presso vari teatri e accademie d’Italia. Tra gli altri, il prestigioso “Teatro Totò – Accademia delle Arti Teatrali di Napoli”.

Il Covid-19 Le ha interrotto una stagione ricca d’impegni dal punto di vista professionale, tra cinema, accademie, teatro. Ci racconta come vive la sua giornata?  

‹‹Sì, il teatro fermo, le accademie di Napoli, Lecce e Pesaro ferme. Sarebbe dovuto partire per questa estate un film per la regia di Jay Ruggiano, un talentuoso allievo dell’Accademia di Napoli, sulle carceri napoletane, ma per ora è rinviato come altri film. In programma c’era la presentazione di libri per varie Case editrici, ma anch’esse sono rinviate. Prima ero sempre in viaggio e devo dire che ero anche piuttosto affaticato, ma contento, mentre ora sono…insomma ora è tutto in stand bye. Sento gli allievi, mi telefonano e mi scrivono, ma non si può fare più di tanto, il teatro è vita e si vive. Mi manca molto il “Teatro Totò – Accademia delle Arti Teatrali” del grande Gaetano Liguori, una realtà di formazione teatrale con circa mille abbonati e circa duecentocinquanta allievi distribuiti in tre anni di corso che fonde due aspetti fondamentali nel nostro lavoro quali la produzione e la formazione. Una formula vincente che ne fa oggi un leader nel settore. Per non parlare poi dell’impegno sociale perseguito dal “Totò”. Gli Allievi napoletani sono straordinari per velocità di apprendimento, cuore e generosità, nei sentimenti e nelle emozioni in tutte le loro manifestazioni. Insomma, mi manca Napoli con i suoi mille colori. L’unico impegno lavorativo che in questa fase riesco a svolgere è la registrazione di audio book per la casa Editrice “Rupe Mutevole”, di Cristina Del Torchio. Cerco, però, di stare in  armonia con me stesso, nonostante tutto. Quando vado a fare la spesa, la cosa che più mi colpisce è il silenzio e la quasi spettralità dei paesaggi metropolitani. Paradossalmente, a Roma, anche con il cielo più pulito, colgo una sorta di equilibrio, un’essenza dei posti che prima quasi non notavo più››.

Arti marziali docet, poiché prima che attore è stato atleta della Nazionale Azzurra di Karate? 

‹‹Sì, la pratica del karate ha radicato dentro di me un ascolto dei luoghi che mi circondano e di me stesso.  Non solo, anche la capacità di concentrazione in tutto ciò che amo fare, come il mio lavoro di attore e d’insegnante››.

Amore, rabbia, delusione…Sentimenti ed emozioni sono il pane quotidiano di un attore. Che cosa suscita in Lei questo particolare momento storico?

‹‹Sono rimasto molto colpito dai medici e paramedici che hanno rischiato o perso la vita per salvare quella degli altri. Stimo molto queste persone, perché amo il coraggio e loro ne hanno avuto e continuano ad averne da vendere. Parliamo di vero coraggio… Ho riflettuto, poi, sul fatto che molte persone sono morte da sole. Mi commuovo ancora per loro e per i loro cari…Un vero dramma››.

Che rapporto ha Lei con la morte?

‹‹Bella domanda! Mi piacerebbe che la morte offrisse a ognuno di noi l’opportunità di redimersi. E comunque non dobbiamo farci paralizzare dall’idea della morte, dalla paura dell’ignoto, rischiando di non compiere imprese di grande respiro che invece come civiltà siamo chiamati a realizzare, ora più che mai. Veda, è mia opinione che un pensiero cui non segue l’azione sia un cattivo pensiero…››.

 E se tutto questo che stiamo vivendo fosse un film, sulla scia del filone di fantascienza dove tanti registi sono stati anche visionari e Lei potesse scriverne il finale, come sarebbe?

‹‹Sì, la situazione attuale mi ha portato a riflettere molto. Questo tempo può essere per noi, un momento di evoluzione, dove si è chiamati a decidere da quale parte stare. Se si vuole continuare come gli struzzi a tenere la testa sotto la sabbia, pensando di nascondersi, oppure prendere in mano la nostra vita accettando il rischio di essere se stessi. Perché la quarantena ci impone, ma direi anche ci offre l’opportunità di pensare sul famoso dubbio amletico: “Essere o non Essere”. E vengo al dunque, per rispondere alla sua domanda: mi piacerebbe che la pandemia trasformasse i sopravvissuti in una nuova civiltà non più imperfetta come quella umana ››.

E come dovrebbe essere questa “nuova civiltà”?

‹‹Un po’ come il popolo del film “Avatar”››.