Nostalgia di Dio, da mercoledì 19 al Teatro Nuovo.

È dell’uomo il pensiero, così come dell’uomo è l’azione. Ma quando il pensiero supera il confine dell’azione, la dimensione del pensare si rompe e penetra in uno spazio indefinito, là dove solo è Dio. E’ questa la matrice filosofica di Nostalgia di Dio, testo nato dalla penna di Lucia Calamaro, che firma anche la regia teatrale, in scena, da mercoledì 19 febbraio 2020 alle ore 21.00, al Teatro Nuovo di Napoli.

Autrice di un teatro di parola che nasce sulla scena e che richiede ai suoi attori di essere ‘atleti della parola’, capaci di affrontare temi universali attraverso storie personali, in Nostalgia di Dio Lucia Calamaro fa agire in una scena quattro protagonisti: una coppia scoppiata, un sacerdote e una donna amica di tutti che desidera con tutte le sue forze avere un figlio.

In questo spettacolo, presentato da Teatro Stabile dell’Umbria/Teatro Metastasio, la Calamaro prova ad affrontare il rapporto con il senso del sacro, già evocato dal titolo. C’è l’immagine di un Dio bambino, che crea il mondo con l’onnipotenza dell’infanzia, ma anche con ingenuità, un Dio che non risponde alle preghiere perché letteralmente ancora infante, e che rintocca di protagonista in protagonista.

Veniamo “proiettati” nella vita di quattro personaggi, Francesco, Alfredo, Cecilia e Simona, interpretati rispettivamente da Francesco Spaziani, Alfredo Angelici, Cecilia Di Giuli e Simona Senzacqua, e le loro poche, piccole, vicende quotidiane.

In un giorno di quotidiana normalità sono attanagliati da dubbi esistenziali e affettivi che li porta a confrontarsi e a scontrarsi tra loro, in uno scambio di battute a tratti esilaranti, a tratti appassionati ed intensi.

I quattro personaggi, legati da un’amicizia reticolare, accolgono e respingono il “palleggio” del dialogo, come la pallina sul campo da tennis. Rivolgono pensieri a se stessi liberandoli all’ascolto degli altri, senza quasi davvero cercare una risposta, ma confidando nella domanda come bacino primordiale di conoscenza.

Questa volta, Lucia Calamaro si avventura a parlarci addirittura di Dio, con i suoi inconfondibili personaggi un po’ bizzarri, goffi, in difficoltà nella vita, nelle relazioni, negli affetti, nella vita sociale, che, in qualche modo, hanno conservato qualcosa d’infantile, svelandosi nei dialoghi serrati e raccontando le nostre fragilità interiori, decifrate con amorevole ironia.

Nostalgia di Dio, quindi, ma anche nostalgia di casa, degli affetti, delle relazioni che resistono al tempo e alle crisi, o forse no, perché bisogna sempre fare i conti con le nevrosi, i fallimenti, le diverse aspettative.

Nostalgia di Dio di Lucia Calamaro

Mercoledì 19>domenica 23 febbraio 2020 @ Teatro Nuovo Napoli

Inizio spettacoli ore 21.00 (mercoledì e giovedì), ore 18.30 (venerdì e domenica), ore 19.00 (sabato)

info 0814976267 email botteghino@teatronuovonapoli.it

Da mercoledì 19 a domenica 23 febbraio 2020

Teatro Nuovo Napoli

 

Teatro Stabile dell’Umbria, Teatro Metastasio

in collaborazione con Dialoghi – Residenze delle arti performative a Villa Manin 2018-2019

presentano

 

Nostalgia di Dio

dove la meta è l’inizio

testo e regia Lucia Calamaro

 

con Alfredo Angelici, Cecilia Di Giuli, Simona Senzacqua, Francesco Spaziani

 

luci Gianni Staropoli

scene e costumi Lucia Calamaro

assistente alla regia Diego Maiello

disegno dell’angelo Luca Privitera

fotografia Guido Mencari

 

“Anche la mucca ha il suo principio di interiorità. Esige una casa, l’ambiente modesto e segreto dove l’inconscio vive.”

  1. Bachelard

 

Nostalgia di casa.

Questo potrebbe essere l’altro titolo di questo spettacolo, in quanto per me, la casa sono gli affetti, e gli affetti sono l’unica dimensione rimasta che mi rapporti al sacro. Nel bene voluto, risiede il mistero. E’ nel legame, nel bisogno dell’altro, la meraviglia.

C’è lì, nella casa, un’energia invisibile ma concreta, inafferrabile e solida: io so che c’è, anche se non la vedo. Ed è una delle poche cose certe che ho. Ogni volta che torno a casa, io mi sento come se tornassi all’ infanzia. Ma non a una fase qualunque dell’infanzia, ma alla fase dell’onnipotenza, quella dei primissimi anni.

A casa mia, in questo habitat benevolo, io credo di potere tutto e una parte di me, bambina, si rilassa, si libera, respira e si sparge in giro.

Forse questo passaggio succede a tutti, quando tornano a casa. O forse no. Forse è una dimensione del nostos, del ritorno dell’Eroe. Chissà. Non so, non saprei, ma mi piace pensarlo.

Il mondo ci limita, la casa ci accoglie e ci espande.  Ed è in questa fioritura potente e affettuosa, che nascono i figli.  Che sono per me l’altra domanda su cui si annoda, senza scioglierla, questo spettacolo. I figli da piccoli in particolare, in quanto piccoli Dei onnipotenti.

Influenzata dalla favola che ci hanno raccontato, illustrata dalle infinite madonne con bambino, il mio immaginario cattolico infantile – che è l’unico che ho, come probabilmente molti di noi che poi da grandi hanno lasciato perdere- si è ancorato lì.

E’ lì, prima dei 10 anni, su quelle immagini, che l’impressione indelebile mi si è formata: quella di un Dio bambino, visto dalla prospettiva della madre.

Insomma Dio, per me, è più un figlio che un padre. Un figlio se non proprio dio quantomeno onnipotente. Questo è secondo Freud quello che tutti noi siamo per un breve periodo.

Come non volerci tornare?

Nostalgia di Dio quindi si muove in questo strano crocicchio tra la nostalgia di casa e la nostalgia dell’infanzia onnipotente, che mi è maturato dentro ultimamente, senza capirlo ancora del tutto.

Tutti i bambini sono figli. Dio è un bambino. Dio è un figlio. Tutti i figli sono Dio? Chissà. Comunque sia, una cosa si sa: per le madri, i figli, non crescono mai.

 

Lucia Calamaro

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