La nostra vita online è nelle mani degli Avatar

Una rappresentazione virtuale, in un ambiente digitale, di una persona fisica. L’avatar, tutto sommato, è semplicemente questo. E risponde in particolar modo a due grandi esigenze: riconoscersi online e permettere l’interazione tra utenti in mondi virtuali.

Dimenticate quindi il film del 2009 di James Cameron, perché l’avatar è qualcosa di più complesso. Andando a scavare nella sua etimologia, troviamo che l’origine arriva addirittura dal sanscrito. “Colui che discende”, questa la sua traduzione. Una sorta di incarnazione laica, di discesa umana nel mondo del digitale, che ormai ha fatto legge un po’ ovunque.

Sì, perché il presente e soprattutto il futuro parlano sempre di più di realtà virtuale, sia in termini di esperienze immersive che di fruizione dell’utente. E in questo meccanismo gli avatar giocano un ruolo di primo piano. Lo dimostrano gli esperimenti fatti da alcuni brand del gaming, come quelli applicati da Casino Neon54, piattaforma che dà la possibilità di scegliersi un avatar e sedersi al tavolo di gioco come se si fosse nella realtà.

E nel corso degli anni la tecnologia che è dietro la creazione di queste rappresentazioni multimediali è cresciuta sempre di più. Lo ha raccontato in un’intervista di qualche anno fa a Vice Eric Romo, CEO di AltspaceVR: “Noi creiamo avatar per fornire la comunicazione più naturale possibile. Gran parte della nostra comunicazione non è verbale. Ad esempio, il contatto visivo, la gestualità e il linguaggio del corpo ci aiutano a connetterci, ad esprimere noi stessi e ad aggiungere significati alla nostra comunicazione. Con l’avanzare della tecnologia, facciamo in modo che i nostri avatar forniscano una comunicazione non verbale maggiormente profonda

Un settore in grande ascesa, che è protagonista anche di un boom dal punto di vista del mercato. Se creare avatar richiederà una crescente attenzione ai dettagli, con la possibilità di modificare e scegliere qualsiasi aspetto, allora il business può essere senza precedenti. Lo ha dimostrato Second Life, che già nei primi anni duemila aveva creato una sorta di metaverso proprio basandosi sugli avatar.

Ma non mancano implicazioni future da tenere in considerazione. “Le grandi aziende stanno investendo in questa tecnologia, Facebook, Google, HTC, Amazon – spiega Mar Gonzalez Franco, responsabile delle ricerche sugli avatar per Microsoft.  Ma ora che questa tecnologia sta raggiungendo il mercato, dobbiamo pensare al fatto che l’aspetto esteriore di un avatar può effettivamente modificare i meccanismi cerebrali che coinvolge e, in ultima analisi, influenzare il comportamento umano”. Perché le connessioni virtuali sono infinte e passano dal reale a virtuale e possono tornare indietro. Tutto merito, o colpa, anche degli avatar.