Dalle prime ore di questa mattina, nelle province di Napoli, Salerno, Potenza, Catanzaro, il personale della Direzione investigativa antimafia e del Gruppo Carabinieri per la Tutela ambientale e la Sicurezza energetica di Napoli, stanno dando esecuzione a provvedimenti cautelari personali e reali, nell’ambito di una indagine, coordinata dalla procura della Repubblica di Potenza, su un traffico internazionale di rifiuti speciali tra l’Italia e la Tunisia.
L’operazione vede attualmente impegnati circa 80 unità tra carabinieri del reparto speciale dell’Arma e personale della Direzione investigativa antimafia. Ulteriori dettagli dell’operazione verranno forniti nel corso della conferenza stampa che si terrà, oggi alle ore 11, alla procura della Repubblica di Potenza nell’aula Alessandrini.
Due arresti domiciliari, sequestrati preventivamente undici automezzi, sequestro diretto per circa 860mila euro, ventisette indagati e otto società coinvolte e sottoposte ad accertamento. E’ il frutto dell’indagine, diretta dalla procura di Roma – Direzione distrettuale antimafia – ed eseguita dalla polizia ferroviaria del Compartimento di Roma e dai carabinieri forestali del Nipaaf del Gruppo Carabinieri di Viterbo, culminata con l’emissione di un’ordinanza del gip contenente numerose misure cautelari. Gli uomini dei carabinieri forestali e della polizia ferroviaria dei Compartimenti Lazio e Campania hanno eseguito stamattina le misure per contrastare il traffico di rifiuti metallici – piombo e soprattutto rame – tra la provincia di Viterbo e la provincia di Caserta. Secondo la ricostruzione degli investigatori, le attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti avevano origine in due impianti del Viterbese, dove venivano sistematicamente accettati e gestiti ingenti quantitativi di rifiuti speciali ed urbani da cui ricavarne i metalli. In particolare i rifiuti venivano conferiti da una pluralità di soggetti, in assenza della prescritta iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali ed in assenza della prevista documentazione ambientale; i rifiuti venivano poi gestiti negli impianti viterbesi in difformità a quanto previsto dalle autorizzazioni e dal decreto di riferimento ed omettendo la corretta compilazione dei registri. Molti rifiuti indesiderati, secondo gli investigatori, venivano smaltiti illecitamente nel territorio Viterbese tramite abbandono o combustione al suolo. Secondo quanto riferiscono in una nota gli investigatori, i rifiuti di metallo venivano venduti ad una società del casertano, pur in assenza di adeguate operazioni di recupero e/o trattamento necessarie per la cessazione della qualifica di rifiuto, e venivano ulteriormente destinati e commercializzati in un altro stabilimento limitrofo.