Com’era via Chiatamone nel 1860? Ce lo dice una ricostruzione in 3D.

E’ un progetto di Marco Giudice, artista digitale Napoletano , che ha come passione la
ricostruzione storica del passato. Il suo motto è “rievocare luoghi che sono stati e non sono più”.

Grazie a questo principio ha scelto, per cominciare, dei luoghi e dei tempi storici a lui
particolarmente cari.

Il luogo, è un sito iconico del paesaggio e della storia Napoletana, via Chiatamone, l’antica stradacostruita fra la spiaggia e la collina di Pizzofalcone dove avvennero i primi contatti fra naviganti greci e le popolazioni autoctone e che hanno dato l’avvio alla storia plurimillenaria della capitale del Sud.

Il tempo è la Napoli del 1860 circa, gli ultimi anni del Regno Borbonico e i primi del Regno d’Italia.

Un tempo ricchissimo di cambiamenti, drammatici, drastici e contemporaneamente ricchi di storie da raccontare e di bellezze da mostrare.

E’ in questo contenitore che si è sviluppato quindi un ramo di GRANDI CITTA’, il progetto
“Chiatamone 1860”

Com’era via chiatamone nel 1860, prima che le modifiche della costa volute dalle
amministrazioni del passato ne devastassero l’aspetto e la morfologia?

Da questa domanda sono partito per dare il via a una ricerca storica che mi ha portato a
coinvolgere appassionati e studiosi del luogo e del periodo.

Grazie a questa felice collaborazione fra persone che hanno un’unica passione in comune, l’amore per Napoli, sono riuscito a realizzarne una ricostruzione virtuale in 3D di tutta la zona che abbraccia via Chiatamone, partendo dall’angolo di via Santa Lucia, fino agli inizi di piazza Vittoria e metterla a disposizione del pubblico attraverso dei filmati su youtube.

L’itinerario della passeggiata storica.
Quindi partendo idealmente dalla fine di via Santa Lucia, avremo incrociato sull’angolo est della strada il Forte della Panatica di Terra. Ovvero un presidio militare Borbonico adibito a forno per le razioni dell’esercito, costruito su uno dei due bastioni che presidiavano il lato mare di Pizzofalcone a oriente, il bastione di Santa Lucia appunto. Avremo visto nella curva per entrare in via Chiatamone, una serie di piccoli alberghi e ostelli addossati alla collina del monte Echia.

Questi alloggi erano molto ricercati dai turisti per la posizione panoramica, l’economicità e il buon cibo procurato dai pescatori del vicinissimo Borgo di Santa Lucia.

Imboccato oramai via Chiatamone ci saremo soffermati a bere un bicchiere di vino dai cantinieri e ristoratori che avevano bottega nei vani iniziali delle rampe di Pizzofalcone e osservando lo splendido panorama del Castel dell’Ovo, senza il borgo marinaro, che sarebbe stato costruito molte decine di anni dopo.

In alto, una serie di rampe che si inerpicava verso la collina soprastante, una ingegnosa struttura ad arcate sulle quali erano poste delle rampe per mettere in comunicazione via Chiatamone con la sommità di Pizzofalcone. Dentro ogni arcata erano ospitate abitazioni civili e vani commerciali.

Essendo anche un opera militare, la parte bassa venne dotata di garitte di osservazione ad ogni curva sul lato ovest, merlature e una porta presidiata per regolare l’accesso nella parte bassa.

La nostra attenzione sarebbe stata attirata da un gran via vai di persone, verso un piccolo
terrazzino sulla murata della strada a strapiombo sul mare, pieno di Mummare, le antiche otri di terracotta che contenevano le acque delle fonti di cui la zona era ricca.

Avremo scorto quindi la scalinata che scendeva sul fianco della strada verso il mare e saremo
andati a dissetarci all’antichissima fonte di Acqua Ferrata che, insieme alla sua “gemella” di Santa Lucia la fonte di Acqua Sulfurea, era rinomata in tutta Napoli.

Dopo esserci rinfrescati alla fonte dell’Acqua Ferrata avremo ripreso la passeggiata su via
Chiatamone, avremo scorto, sull’angolo del palazzo accanto alle rampe di Pizzofalcone, uno dei primi cartelloni pubblicitari della città con scritto “Hotel Crocelle”.

Il lungo palazzo, tutt’ora esistente al n°26/30, sede dell’Hotel Crocelle che prendeva il nome dalla attigua chiesa detta delle Crocelle. Uno dei primi alberghi, intesi nel senso moderno del termine, presenti in quella zona e che ha attirato, in tutto il suo esercizio, ospiti illustri tra i quali Casanova.

E infine arriviamo al luogo più iconico di tutta la zona, il Real Casino di Pesca al Chiatamone e il suo meraviglioso giardino, conosciuto dai più come il Boschetto di Francavilla da uno dei suoi illustri proprietari, Michele d’Oria Principe di Francavilla.

Il luogo era prima occupato dal Bastione delle Crocelle, presidio militare e secondo bastione che proteggeva il lato occidentale della collina di Pizzofalcone. Dopo la parentesi militare il bastione, grazie alla sua invidiabilissima posizione panoramica, divenne ben presto dimora privata e luogo di “delizie” per la nobiltà napoletane.

Venne costruito un piccolo palazzetto in un angolo dello spiazzo e venne dotato di tutte le
comodità dell’epoca, un piccolo porticciolo privato per gli approvvigionamenti e le gite degli
ospiti, un piccolo forno, cucine e magazzini al livello del mare, sale di rappresentanza, studio e
salone da ballo al pian terreno, camere da letto al piano nobile e alloggi per la servitù all’ultimo
piano.

Nell’altro angolo dello spiazzo venne allocato un piccolo edifico utilizzato come Coffee House con una veranda antistante che prederà il nome, dopo l’unità d’Italia di “Studio Dumas”, per la
donazione che fece Garibaldi, alla presa della città ad Alexander Dumas padre che lo seguiva nelle sue imprese.

Fra la Coffee House e il Casino venne creato un rigoglioso giardino che darà, soprattutto con i suoi alberi visibili da diversi chilometri di distanza, il disegno caratteristico al profilo del paesaggio e della costa di quell’epoca.

Dalle sue terrazze, affacciate difronte a Castel dell’Ovo, era possibile abbracciare, in un solo colpo d’occhio, tutto il golfo. Con un unico vertiginoso respiro si poteva ammirare il Vesuvio fino a Sorrento e a Punta Campanella passando per Capri e terminando a Posillipo e Mergellina.

Doveva essere un luogo fantastico, una specie di paradiso in un punto unico della costa.

Riprendendo quindi la passeggiata nel passato, saremo usciti dal cancello del giardino del Casino Reale, che era nel punto dove attualmente via Chiatamone curva verso Chiaia e dove ci sono le scale che scendono in via Partenope, e avremo ammirato la facciata settecentesca della chiesa della Concezione al Chiatamone, detta delle Crocelle e ci saremo incamminati verso la parte finale del nostro percorso, Chiaia.

Alla fine del muro del giardino del Casino Reale, subito dopo la sua dependance, ci saremo
affacciati verso il mare scorgendo sotto di noi un altra perla assolutamente nascosta e
sconosciuta della città, il “Giardino Basso”.

Ovvero un secondo giardino privato, di pertinenza del palazzo nobiliare su via Chiatamone (che attualmente corrisponde al palazzo n°7) e che aveva un accesso, attraverso un cammino sotto la strada, a un piccolo giardino con fiori, fontane e un portale monumentale che si apriva direttamente sul mare. Un altro luogo di incanto e che abbiamo scoperto e rivelato alla cittadinanza in esclusiva grazie al gruppo di studio che mi ha supportato per la ricerca storica sul luogo.

Continuando sulla strada saremo arrivati allo slargo antistante l’attuale via Giorgio Arcoleo che ospitava una serie di alberghi nei palazzi e un piccolo parco pubblico sul davanti prima dellaspiaggia. Camminando verso la Villa Reale, avremo concluso la nostra visita sul “molo Borbonico”, che altro non era che la propaggine finale della fogna principale che raccoglieva le sue acque da tutta la zona della collina dal lato Chiaia. Volgendoci sui nostri passi avremo ammirato lo skyline della collina di pizzofalcone, dei palazzi nobiliari, del Boschetto di Francavilla, del Bastione delle Crocelle e della mole del Castel dell’Ovo per l’ultima volta in attesa di ritornare al presente.

Questo viaggio è disponibile, con i punti di interesse che abbiamo toccato in questo breve
racconto, su youtube a questo indirizzo:

https://www.youtube.com/channel/UCAF2unLXMbrv2uH0FljxhRQ/videos

Marco Giudice, maestro scenografo Napoletano e con Napoli nel cuore, artista digitale da più di trent’anni, ha cominciato la sua carriera con gli strumenti di un altra era, pennelli e colori fisici fino ad approdare a quelli digitali.

Appassionato di storia e di arte, curioso per natura, ha iniziato un progetto di ricostruzione di
luoghi della sua città che non esistono più, nel tentativo di recuperare le informazioni e le
impressioni di epoche passate per trasferirle, come memoria digitale, alle nuove generazioni.

Le prossime uscite riguarderanno la ricostruzione di luoghi e strutture iconiche della storia di
Napoli, per rimanere aggiornati sulle nuove uscite, questa la sua pagina Facebook:
https://www.facebook.com/grandicitta

 

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