Dal paradiso all’inferno e ritorno, Matteo Cambi racconta la sua Margherita di Spine sabato 30 al Mondadori Bookstore del Vulcano Buono di Nola.

LOCANDINAMARGHERITADISPINE_5197Si inizia inconsapevolmente, per scherzo, poi arrivi al punto di grattare anche l’intonaco dai muri. E’ questo il rapporto totalizzante e pervasivo che Matteo Cambi, imprenditore di successo e fondatore del marchio G.U.R.U., aveva con la cocaina.

“Arrivavo a tirarne 10 pezzi al giorno”, racconta in “Margherita di spine”, l’autobiografia che ha scritto insieme a Gabriele Parpiglia (Tiki Taka, Italia 1), dallo scorso febbraio nelle edicole e che verrà presentata sabato 30 al Mondadori Bookstore del Centro Commerciale Vulcano Buono di Nola.

“Sulla dipendenza da cocaina forse non si informa abbastanza, si inizia per gioco senza alcuna coscienza dei danni che può provocare, io stesso posso dire di essere vivo per miracolo.”

Matteo Cambi nei primi anni 2000 diventa un case study per il settore dell’abbigliamento casual, il suo marchio G.U.R.U., con il logo della margherita, diventa una tendenza globale, ccon teestimonial d’eccezione come Paolo Maldini e Christian Vieri, tanto da comparire sulle vetture di Formula 1 della Renault che con Fernando Alonso alla guida conquisteranno il Titolo Mondiale nel 2005 e nel 2006.

Un’ascesa rapida, costellata da feste, gossip, pagine nei settimanali, successo personale ed economico. Tanto rapida è l’ascesa, come in un film, quanto più rapida è la discesa, nel luglio 2008 l’arresto e la condanna per bancarotta fraudolenta ed altri reati societari, e quindi il carcere.

Tre mesi di carcere, un anno di arresti domiciliari e la condanna patteggiata a 4 anni. E’ qui che Matteo Cambi trova il modo di far affiorare in superficie i suoi demoni ed inizia a lavorare su sè stesso per tirarli fuori.

Matteo Cambi ammette di essere dipendente dalla cocaina e dall’alcol, viene dapprima affidato al SERT e quindi alla Comunità Betanià da dove ne è uscito disintossicato.

“Un’esperienza totalizzante quella della comunità, dove ho imparato a spogliarmi di tutto quello che ero prima ed a lavorare come se avessi ricominciato da zero”, racconta Matteo Cambi.

Matteo Cambi ora ha una vita normale, lavora come consulente aziendale nel mondo della moda e vive con la sua famiglia: “Questo libro è stato catartico, non nego che ho sofferto a dover rivivere quello che ho vissuto, specialmente i tre mesi in carcere, ma credo ne sia valsa la pena, raccontare questa esperienza mi ha fatto star meglio alla fine. Credo che la mia storia possa far appassionare e rifettere soprattutto dal punto di vista umano, una storia per fortuna a lieto fine. Vi aspetto sabato a Nola.”

Una storia che per il taglio cinematografico dato alla narrazione, potrebbe un giorno diventare anche un film: “Mi farebbe molto piacere, anche se non sono un produttore”.