Padova, condanna annullata perchè l’avvocato è in ferie, l’amarezza del Coisp: vanificato il lavoro della Polizia.

logocoisp“Non si capisce proprio perché noi ci distruggiamo la vita pur di assicurare alle patrie galere chi commette reati, anche e soprattutto gravissimi, mentre il sistema non si cura minimamente di mettere chi li commette in condizione di non nuocere ancora alla collettività. Non se ne può più di vedere distrutti, annullati, calpestati i risultati del nostro lavoro. Un lavoro ingrato, sacrificato, rischioso, che da difficile diventa insopportabile quando abbiamo la netta percezione del fatto che non si ritiene prioritario intervenire o impegnarsi perché si evitino certi abomini come quello avvenuto questa volta a Padova, ma che non sono certo infrequenti, con buona pace del contenuto che dovrebbe albergare dentro alla parola giustizia perché essa non rimanga un termine del tutto vuoto, e ovviamente di ogni nostro impegno per fare il possibile e anche l’impossibile a tutela della sicurezza pubblica e della legalità. E a noi, adesso, non tocca altro che rimettersi al lavoro nel tentativo di ripercorrere la medesima strada che già ci aveva portato al nostro difficile risultato, e questo come ogni volta in cui dobbiamo riacciuffare nuovamente qualcuno che debba rispondere alla giustizia… Verrebbe da dire: andatevelo a riprendere da soli il tizio che volete e che mentre voi perdevate tempo se ne è tornato libero e bello! Ma ovviamente nessun poliziotto lo dirà mai… Noi troppo ‘cretini’ insistiamo a fare fino in fondo il nostro lavoro, sempre e comunque”.

E’ questa la reazione di Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp, Sindacato Indipendente di Polizia, alla notizia giunta da Padova dove una pronuncia della Cassazione ha annullato la sentenza con cui la Corte d’Appello aveva confermato una condanna a 10 anni di reclusione e 100.000 euro di multa per un tunisino arrestato dalla Squadra Mobile nel lontano 2005 nell’ambito di una grossa operazione contro il traffico di droga e poi ritenuto colpevole in primo e in secondo grado. All’epoca del giudizio d’appello, però, l’udienza che lo riguardava coincideva con il giorno di astensione proclamato dall’Unione delle Camere Penali e il suo avvocato non volle quindi presenziare al giudizio.

La Corte decise di procedere comunque e confermò la prima condanna, ma tempo dopo il Giudice Supremo ha annullato la pronuncia d’appello rilevando che: “L’adesione del difensore all’astensione dalle udienze proclamata in sede collettiva costituisce l’esercizio di un diritto di libertà costituzionalmente garantito”.

Inutile dire che l’imputato, nelle more di tutto ciò, è tornato in libertà dove tuttora si trova, e dove attenderà che la Corte d’Appello si pronunci nuovamente dopo l’ennesimo giudizio.