La strategia vincente per battere le nuove mafie? Fare il proprio dovere.

dal Prof. Vincenzo Musacchio, Giurista e docente di diritto penale  presso l’Alta Scuola di Formazione della Presidenza del Consiglio in Roma (2011-2012) Presidente dell’ Osservatorio Antimafia del Molise  Direttore Scientifico della Scuola di Legalità – don Peppe Diana – di  Roma e del Molise, riceviamo e pubblichiamo

Lo Stato sta perdendo la sua battaglia contro le mafie italiane nonostante i sacrifici di uomini simbolo come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Una lotta senza soste che però non da i suoi frutti poiché occorre ripensare la lotta alle mafie fuori dagli schemi classici che prevedano soltanto un impegno diretto delle istituzioni. La legislazione in vigore è valida ma è spesso inefficace: il vero problema da affrontare resta la lotta alla “cultura della mafia” che purtroppo ha contagiato la società civile. Cosa si potrebbe fare e quali strategie potrebbero essere utili per vincere la guerra? Ritengo che una delle esigenze primarie della lotta alle mafie in Italia sia la piena consapevolezza della questione e che ognuno di noi faccia il proprio dovere ad ogni livello sociale. Non abbiamo più bisogno di eroi ma di cittadini che facciano il loro dovere e rispettino le leggi perché consapevoli del valore della legalità. Perché una società sia realmente civile, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia e della scuola, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il proprio dovere. Non è un caso che Falcone era solito dire: “Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l’essenza della dignità umana”. Un ulteriore aspetto da non sottovalutare è la lotta alla povertà e alla disoccupazione. Le mafie prosperano intervenendo laddove lo Stato sta fallendo o ha già fallito, offrendo sicurezza, occupazione, alloggi e persino raccolta di rifiuti. Le nuove reclute nelle aree povere spesso ritengono che una vita criminale darebbe loro un futuro che lo Stato non può garantirgli. Finché non ci sarà un piano generale per la ripresa del Sud, ci sarà sempre spazio per la criminalità organizzata. Ormai le mafie hanno una dimensione transnazionale ed hanno legami economici ovunque vi sia una forte presenza di espatriati, dai paesi europei al Nord e al Sud America fino all’Australia. L’Italia deve spingere per una più efficace cooperazione internazionale e redigere accordi bilaterali o multilaterali con gli Stati europei e a livello internazionale. Come mai non si firmano accordi con il Messico, l’Albania, l’Afghanistan tanto per citarne alcuni? Sono necessarie nuove leggi specifiche che non modifichino quelle attualmente in vigore ma che disciplinino settori sconosciuti dove invece le mafie prosperano (internet, cripto valute, cyberspazio). Polizia e magistratura stanno tuttora combattendo contro la ‘ndrangheta, la camorra, cosa nostra e le nuove mafie pugliesi e affermano che ogni modifica della legge rallenta il loro lavoro. Una cosa però è certa: cambierà poco o nulla se si continuerà solo a denunciare il sistema. E’ ciò che è successo negli ultimi trent’anni e le varie organizzazioni oggi sono più forti. Non serve una analisi criminologia del fenomeno mafioso basta leggere i dati relativi a disoccupazione e qualità dell’istruzione per vedere la mafia che prospera. Dico sempre ai miei studenti che è arrivata l’ora di riappropriarci delle nostre istituzioni scendendo in prima linea per pretendere che i veri strumenti di lotta alla mafia siano potenziati. Scrivere e informare è importantissimo ma alle parole poi devono seguire anche i fatti. Ai nostri giovani, nelle scuole, nelle strade e nelle piazze, occorre inculcare la cultura della conoscenza e garantire loro il diritto al lavoro e all’autonomia sociale e culturale. Fare politica non è un’opzione da lasciare agli altri e la battaglia alla mafia inizierà anche da un nuovo percorso politico più efficace. Del resto cosa possiamo sperare se siamo visti all’estero come il Paese dove in alcune zone gli schieramenti politici fanno a gara per accaparrarsi i voti di mafia, camorra e ndrangheta nascosti dietro le varie liste di turno? E che dire dei vari fiancheggiatori che sono arrivati a ricoprire funzioni di governo di primo piano? Mi preoccupa soprattutto l’assenza di una strategia visibile e percepibile da parte dello Stato. Non che non vi siano in tanti e diversi impegnati nelle attività di prevenzione e repressione, ma vi è ancora troppa burocrazia, opportunismi, collusioni, contiguità e tatticismi che rallentano e frenano il lavoro di minoranze di buona volontà. Così si ha l’impressione di una lotta a macchia di leopardo: se hai gli stimoli giusti, il capo giusto e le persone giuste i risultati si ottengono, altrimenti è una battagli sterile che serve a ben poco. La mafia è diventata sistema e questo è sotto gli occhi di tutti. Purtroppo non saremo mai un Paese veramente civile finché ci sarà la mafia a dettare legge. La criminalità organizzata attecchisce dove trova terreno fertile e si nutre di tutto ciò che non è legalità. Il generale Dalla Chiesa a ragione era solito affermare: “finché una tessera di partito conterà più dello Stato, non riusciremo mai a battere la mafia”. Ognuno di noi, nel proprio piccolo, sa che dovrebbe fare i conti prima con se stesso e poi con ciò che lo circonda. Spesso facciamo quello che ci conviene, non sempre rispettando la legalità ed è proprio questo il primo germe di quella infezione letale che è appunto la mafia.  L’Antidoto? Basta adempiere ai propri doveri ed esercitare i propri diritti, sempre.

(Vincenzo Musacchio – Presidente dell’Osservatorio Antimafia del Molise)