Pizza Unesco, i commenti: Mastrocinque (Cia Campania), de Magistris, Lopa (Consulta Agricoltura) e Adinolfi (M5S).

E’ stato posto un sigillo universale al valore unico di sapori e di saperi di cui la pizza napoletana è sintesi ineguagliabile”. Così Alessandro Mastrocinque, vice presidente nazionale di Cia – Agricoltori Italiani e numero uno di Cia Campania – commenta l’iscrizione nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità da parte del Comitato intergovernativo dell’Unesco riunitosi in Corea dell’“Arte del pizzaiolo napoletano”.

Siamo di fronte al riconoscimento del saper fare di maestri artigiani che hanno saputo elevare la preparazione di una pietanza in un patrimonio di valori in grado di cementificare l’identità culturale di un territorio e, al tempo stesso, di far conoscere in tutto il mondo le eccellenze agroalimentare della Campania”. Con il riconoscimento all’arte dei pizzaiuoli napoletani, la Campania è infatti la prima regione italiana al mondo per la sua produzione culturale agroalimentare: gli unici due elementi italiani iscritti nella lista dell’Unesco del patrimonio culturale immateriale sono la Dieta Mediterranea iscritta nel 2010 e, oggi, l’arte dei pizzaiuoli napoletani. “Puntare sulla qualità dei nostri prodotti alimentari è l’unica strada per tutelare la nostra storia ma soprattutto il nostro futuro. Questo riconoscimento può e deve segnare anche un punto di svolta nell’attenzione delle istituzioni nei confronti di chi conserva e fa crescere giorno per giorno le nostre eccellenze agroalimentari, dalla mozzarella all’olio, dalla farina al pomodoro”.

Dopo il Centro storico di Napoli (1995), la Reggia di Caserta (1997), le Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata (1997), la Costiera Amalfitana (1997), il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano con i siti archeologici di Paestum, Velia e la Certosa di Padula (1998), la Dieta mediterranea con la Comunità emblematica di Pollica (2010), i Longobardi in Italia con il Complesso di Santa Sofia di Benevento (2011), la Rete delle grandi macchine a spalla italiane – Festa dei Gigli di Nola (2013), l’Arte del pizzaiuolo napoletano è il 9° Bene tutelato in Campania.

Anche il Sindaco di Napoli Luigi de Magistris ha espresso il suo plauso

Grazie alla commissione UNESCO e a tutti quelli che ci hanno lavorato per il riconoscimento dell’arte della Pizza napoletana IL mio pensiero va al senatore dei Piazziuoli Federico Guerriero, un maestro che credeva nei giovani e nelle opportunità che il settore poteva creare… la mia vicinanza ai tanti amici e associazioni di categoria per l’impegno che ci mettono per migliorare il comparto e valorizzare la professione del pizzaiolo. Voglio anche rilevare l’importanza della Pizza Napoletana per l’economia campana e partenopea in un momento così difficile nel quale è primario il rapporto di fiducia tra consumatore e produttore e analizzando i fattori che fanno della pizza un elemento di qualità, possiamo anche dimostrare che le componenti di olio extravergine di oliva e pomodoro quando Vengono cotte insieme sono assorbite meglio dall’organismo e che si riesce a dare alla pizza un aroma particolare. Cosi a margine della proclamazione Unesco, Rosario Lopa, già Presidente del Comitato per la Valorizzazione della Pizza Napoletana, Delegato al settore Agroalimentare della Provincia di Napoli, attualmente rappresentante della Consulta Nazionale dell’Agricoltura e componente del Dipartimento Nazionale Agricoltura, Ambiente e Turismo del MNS. Il Comitato insieme al ministero e alle associazioni di riferimento, si rese promotore del coordinamento per la stesura finale del disciplinare che ha portato al riconoscimento europeo del marcio STG, (specialità tradizionale garantita).

Adesso con questo importante risultato si continua nella valorizzazione delle metodiche di preparazione del prodotto Pizza, che resta e rimane una realtà tutta napoletana. Naturalmente, bisogna predisporre la possibilità che le attività di formazione siano previste per tutelare la professionalità dei nostri Pizzaiuoli anche dagli organismi istituzionali e formativi. Ormai in tutti i paesi del mondo, l’alimento pizza è presente ma non è prodotto con i giusti elementi e con le dosi più equilibrate, indispensabili per una corretta alimentazione e per proseguire, nel modo più opportuno, i canoni della ricetta tradizionale Partenopea. Per queste ragioni, sarà necessitare avviare anche un nuovo processo di certificazione dei prodotti relativi alla Pizza Margherita. Gli ingredienti base della pizza sono essenzialmente poveri e di facile reperibilità (farina, pomodori, mozzarella) e consentono una preparazione veloce purché s’impieghi una tecnologia avanzata e uno specifico know how. raggiungendo, una visione d’insieme più ampia sui comportamenti e i bisogni attuali propostoci dalla figura professionale dell’esercente pizzaiolo e dall’operatore dipendente, bisognerà dare la possibilità a giovani interessati alla ristorazione di apprendere la professione del pizzaiolo e prepararli a un inserimento nel tessuto sociale/economico della ristorazione stessa. Questa considerazione si è evidenziata maggiormente in relazione alle ricerche di opportunità di recupero, mirato e valido a offrire una concreta risposta a una richiesta specifica espressa nel settore turistico e ristorativi. La Pizza, alimento principe della dieta mediterranea e un business di oltre 6.300.000.000 di euro l’anno. Un prodotto, divenuto patrimonio di tutte le regioni italiane, che esalta la qualità e la tipicità dell’agricoltura del nostro Paese. Margherita, Marinara, la pizza è una vera passione. E per gli italiani, dopo la pasta, è il piatto più amato. Ma non solo. E’ anche un grande business. Nel nostro Paese -secondo un’analisi compiuta – si vendono ogni anno nelle oltre 40 mila pizzerie più di un miliardo e mezzo di pizze tipiche al piatto, che muovono un giro d’affari di sei miliardi e trecento milioni di euro, con un indotto che supera i 15 miliardi di euro. Basti pensare che per confezionare queste pizze siano utilizzate, ogni anno, 7.500 tonnellate di olio d’oliva, 90 mila tonnellate di mozzarella, 45.000 tonnellate di pomodori (San Marzano, Pachino, Ciliegino), 135.000 tonnellate di farina. A ciò si devono aggiungere le bevande che accompagnano le pizze tipiche. Il 50 per cento di chi ama la pizza sceglie la birra, il 30 per cento acqua minerale e bevande analcoliche (Coca Cola, aranciata) e il 20 per cento vino (soprattutto bianco e frizzante). Il che significa, in termini economici, ottocento milioni di litri di birra, duecento milioni di litri di bevande analcoliche, centodieci milioni di litri di vino. Quindi, è proprio la pizza che, meglio di ogni altro prodotto, esprime il valore, la tipicità e la tradizione dell’agricoltura italiana e Mediterranea    all’interno del nuovo contesto Europeo.

«Una splendida notizia che di per sé già mette il buon umore – commenta Isabella Adinolfi, europarlamentare del Movimento 5 Stelle – Sapere che la pizza è patrimonio dell’umanità è avere la conferma dell’unicità della tradizione partenopea. Un riconoscimento mondiale che salda una volta e per sempre i gesti, le canzoni, le espressioni visuali tipiche del Pizzaiolo alla Città di Napoli».

Dopo tante presentazioni, due milioni di firme, incontri ed altrettante pizze, dall’Isola di Jeju, in Corea del Sud, è arrivata la notizia: l’arte del Piazzaiolo è patrimonio immateriale dell’umanità. La decisione è stata presa grazie al voto unanime del Comitato di governo dell’Unesco.

«Un riconoscimento dovuto e a lungo atteso che non può che fare bene a Napoli ed alla Campania – spiega il membro della Commissione cultura e istruzione del Parlamento europeo – L’UNESCO ha riconosciuto il pizzaiolo quale artista che, seguendo un vero e proprio rito sociale, crea un prodotto unico al mondo. Azioni ed espressioni tipiche e genuine che con il tempo si sono profondamente radicate nella vita quotidiana partenopea».

Pizza è tradizione, ma anche economia. Basti pensare ai tanti pizzaioli che dalla Campania sono andati in giro per il mondo aprendo altrettante pizzerie. Al loro interno Napoli, la sua tradizione, i suoi vicoli, i monumenti e l’immancabile Golfo di Napoli con il Vesuvio. Il pizzaiolo di Napoli è diventato ambasciatore delle unicità folkloristiche e culinarie della Campania. Intorno alla pizza ruotano prodotti altrettanto tipici. Un indotto che va dal pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-nocerino, il pomodorino del Piennolo del Vesuvio, la Mozzarella di Bufala Campana DOP. Il tutto accompagnato dai vari Olii extravergine DOP regionali.

«La pizza è l’intreccio di tradizione, passione e tipicità culinarie – conclude Adinolfi – Il riconoscimento dell’Arte del Pizzaiolo è un attestato per chi, riscoprendo ogni angolo buono ed unico della propria città lo porta all’attenzione del mondo».

 

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