La fabbrica dell’innovazione. Gli arredi del Palazzo delle Poste di Napoli.

Presentazione del libro “La fabbrica dell’innovazione. Gli arredi del Palazzo delle Poste di Napoli. 1936”, del professor Alfonso Morone, presso il Palazzo delle Poste di Napoli – nella  Sala Matilde Serao, sabato prossimo, 26 ottobre alle ore 10.

Il Palazzo delle Poste di Napoli, inaugurato nel 1936, è uno dei capolavori dell’Architettura del Novecento. Sotto il profilo estetico, negli arredi, nel design e sotto il profilo tecnologico, per le soluzioni adottate dall’architetto Giuseppe Vaccaro con il collega Gino Franz.

Il progetto prende vita all’interno del piano di risanamento del quartiere Carità, progettato alla fine dell’Ottocento e attuato negli anni Trenta, dopo una serie di sventramenti e demolizioni delle vecchie case cadenti.

L’edificio si colloca all’interno di un “Centro delle Istituzioni” previsto dal piano di bonifica: Palazzi della Questura, della Provincia, della Finanza, dei Mutilati e, appunto, delle Regie Poste.

Per la sua realizzazione viene bandito un concorso nel 1928 che porta a selezionare cinque progetti. Un secondo concorso nel 1930 vedrà vincitore il progetto di Giuseppe Vaccaro che viene poi affiancato dall’architetto Gino Franzi. È proprio nella fase esecutiva che il progetto prende vita liberando la facciata dell’edificio da ogni fronzolo o orpello. La sua monumentalità è così affidata alla purezza delle linee e alle armonie volumetriche ottenute per “occultamento”: i montanti verticali dei grandi cristalli sopra le porte d’accesso vengono incastrati nel marmo affinché non intacchino la pulizia formale dell’enorme facciata.

È anche un palazzo ad elevato contenuto tecnologico per i materiali utilizzati accanto a marmo e granito, come vetrolux, cemento armato, linoleum. Innovativo per gli impianti e gli apparati e i servizi postali presenti al suo interno come la posta pneumatica e i telegrafi. Anche la soluzione adottata per contenere il calore interno è innovativa: poiché la facciata principale è esposta a sud, si realizza una doppia parete nella cui intercapedine far passare gli impianti. L’autonomia idrica del palazzo è garantita dallo sfruttamento di una falda acquifera scoperta casualmente durante i lavori.

L’edificio nel suo insieme appare un gigantesco oggetto di design industriale. Tutto l’arredo è disegnato ad hoc: dai calamai agli orologi, alle insegne, i divisori di vetrocemento, i tavoli in marmo rosso, con una maniacale aspirazione alla perfezione.