Rendere omaggio a tre famiglie di ebrei è un doveroso esercizio della memoria, il libro di Annavera Viva.

Si intreccia con la storia dell’ultima guerra e le vicissitudini delle famiglie ebraiche napoletane, l’ultimo lavoro, ancora in corso d’opera, della scrittrice Annavera Viva. Quarto romanzo del sequel, ambientato al Rione Sanità a Napoli, dopo Questioni di Sangue, Chimere e La Cattiva Stella. Così dopo aver indagato diversi mondi per i suoi “gialli sociali” come vengono definiti dalla critica, la scrittrice entra con delicatezza, nel dramma ebraico delle persecuzioni razziali, mettendo in luce crudeltà mista a indifferenza, caratterizzante di un’epoca. Problemi di cui si è parlato alla manifestazione in ricordo delle famiglie Procaccia, Pacifici e Molco, giovedi scorso in piazza Bovio a Napoli, alla quale ha preso parte anche la scrittrice Viva.

L’incontro organizzato dalla Comunità ebraica di Napoli, con il sostegno della Federazione delle associazioni Italia-Israele e della Camera di Commercio di Napoli, in ricordo di nove napoletani deportati nel campo di sterminio di Auschwitz il 30 gennaio di settantasei anni fa, e i cui nomi sono incisi su altrettante pietre d’inciampo installate innanzi allo stabile dove abitavano prima di andare incontro ad un tragico destino. “Queste occasioni – osserva Annavera Viva – sono, oltre a un doveroso esercizio della memoria, un momento di avvicinamento e comprensione di una comunità, quella ebraica, sulla quale si ragiona spesso per luoghi comuni e sentito dire e, quasi mai, per conoscenza diretta”. La scrittrice, attualmente impegnata nell’affascinante compito della stesura del romanzo che percorrerà, attraverso la storia di un vecchissimo sopravvissuto di Auschwitz, le vicende che videro protagonista Napoli, dalle leggi razziali fino all’eroiche quattro giornate continua- “Il lavoro di ricerca, che è alla base di tutti i miei romanzi, mi ha portato in questo caso a confrontarmi con persone appartenenti alla comunità ebraica napoletana e non, a guardare la storia attraverso i loro occhi e  a comprendere più profondamente il significato della loro identità. Un viaggio complesso e seducente che pone a ogni passo una serie infinita d’interrogativi. Dopo questo percorso, l’approssimazione e la superficialità con la quale sento affrontare a volte queste tematiche mi sconcerta ancora più di prima”.