Così parlò De Crescenzo, Luciano il Grande in un documentario.

a cura di Renato Aiello

Dolcezza di spirito, mitezza d’animo e una grande umanità: sono queste le doti empatiche che hanno sempre contraddistinto Luciano De Crescenzo, regista napoletano che però è stato anche attore, scrittore romanziere, saggista, divulgatore e profondo conoscitore di leggende e miti greci, e della filosofia ellenica in particolare. Un documentario, uscito il 26 ottobre al cinema, ce lo racconta senza filtri e con raffinatezza.

A dirigerlo ci pensa Antonio Napoli, aiutato nell’opera da Simona Corvaglia, che cita nel titolo, a 40 anni dall’uscita in sala, quel Così parlò Bellavista che consacrò De Crescenzo sul grande schermo: Così parlò De Crescenzo, film distribuito in sala da Bunker Hill. Nella pellicola sono tanti gli amici e colleghi del grande Luciano intervistati per l’occasione, come Renzo Arbore, Marisa Laurito, Marina Confalone, Benedetto Casillo, Renato Scarpa, Isabella Rossellini, Lina Wertmuller e il sociologo De Masi. Nel docufilm Luciano il Grande viene ritratto con delicatezza e affetto, avvolto dalle splendide musiche di Paolo Vivaldi mentre lo si vede intento ancora a scrivere nel suo arioso studio, e sempre al pc  dove lui ha cominciato la sua carriera di ingegnere informatico per l’Ibm. Un’esperienza, quella dei computer, conclusasi quasi come una storia d’amore finita male, a detta di Luciano, intervistato a suo tempo in Germania. E così si scopre che anche per un’infatuazione era cominciata la sua avventura universitaria alla Facoltà di Matematica, dove si era iscritta la ragazza amata. Mentre forse era già noto ai più il savoir faire unito al fascino del bel Luciano, dongiovanni e amante delle belle donne fin da giovane – nel racconto scorrono le immagini delle compagne sulle note accelerate della Gazza Ladra di Rossini come in Arancia Meccanica -,meno conosciuto è forse il fidanzamento con la Rossellini. L’ironia accompagna tutta la narrazione, dall’aneddoto sul cameriere sgarbato ai complimenti affettuosi all’intervistatrice (“se ti avessi conosciuto a vent’anni, tu saresti stata perduta!”). Fino alla rivelazione della separazione dalla moglie con cui ha avuto una figlia, chiamata Paola come il paese calabro intravisto dal treno durante un viaggio. Leggerezza e risate impreziosite di saggezza e umiltà, gioia di vivere tutta partenopea e tanta curiosità verso il mondo e le cose, come solo un uomo di grande cultura e intelletto sa praticare. Un genio eclettico come i filosofi da lui tanto amati, che gli hanno fatto guadagnare la prima cittadinanza onoraria ateniese mai concessa a un italiano. E come poteva essere altrimenti per l’intellettuale nato e cresciuto nell’Atene d’Occidente, la Neapolis greca che ha portato sempre nel cuore e che lo fece quasi commuovere nell’anniversario dei 30 anni di Bellavista.

di Renato Aiello