Elezioni, varato decreto collegi, data del voto tra 4 e 11 marzo.

da Tribuna Politica Web

Con il varo del decreto legislativo che disegna i collegi in base alla nuova legge elettorale, si fa sempre più vicina la data del voto. Tre le date cerchiate in rosso sulle agende del  Quirinale e delle sedi politico-istituzionali: 4, 11 e 18 marzo, anche se sono ancora diversi i tasselli da sistemare prima di decretare la  convocazione dei comizi elettorali.

Di sicuro occorrerà attendere il trascorrere del prossimo mese, per  vedere esaminato dalle commissioni parlamentari, approvato in via  definitiva dal governo ed emanato dal Presidente della Repubblica il  decreto sui collegi. Nè va dimenticata, soprattutto alla luce dei  segnali che giungono dall’Unione europea, la necessità di condurre in  porto senza particolari scosse la legge di Bilancio.      

Solo alla vigilia di Natale sarà quindi possibile avere un quadro più  chiaro su quello che sarà l’ultimo miglio della legislatura. Due  appuntamenti tradizionali, vale a dire l’incontro del Capo dello Stato per gli auguri con i rappresentanti di Istituzioni, partiti e società  civile e il suo discorso di fine anno, potrebbero essere l’occasione  per annunciare lo scioglimento delle Camere, anticipato di qualche  settimana prima della scadenza naturale.

Da parte di Sergio Mattarella non c’è tuttavia nessuna  intenzione di accelerare i tempi o interferire nei processi  politico-parlamentari. Il percorso sarà quindi scandito dal rispetto  delle prerogative dei vari organi costituzionali. Come primo  passaggio, una volta approvata la legge di Bilancio, si attende perciò che il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, si rechi al  Quirinale per spiegare se considera esaurito il suo mandato.

In caso affermativo, è chiaro che il Capo dello Stato dovrà verificare con i presidenti delle Camere se mancano anche le condizioni per  proseguire nell’attività parlamentare e se arrivasse un altro sì, la  strada verso il voto sarebbe aperta. E questo senza che ci siano state le dimissioni del presidente del Consiglio. Esistono infatti  precedenti, ad esempio nel 2006 con Carlo Azeglio Ciampi Presidente  della Repubblica e Silvio Berlusconi presidente del Consiglio, di  governi che hanno continuato ad operare nel passaggio dall’una  all’altra legislatura.

Questo, pur in una situazione di transizione, consentirebbe di avere  un esecutivo in carica non solo per gli affari correnti e dotato  quindi di una legittimità che gli consenta di gestire ad esempio  appuntamenti internazionali o altri passaggi delicati, come ad esempio nomine per quanto riguarda vertici militari e della sicurezza.

Con uno scioglimento delle Camere a cavallo del vecchio  e nuovo anno, le elezioni si svolgerebbero quindi a marzo. Domenica 4  e domenica 11 al momento appaiono le date più probabili, anche perchè  così sarebbe possibile arrivare alla seduta inaugurale del nuovo  Parlamento prima di Pasqua.

Tuttavia, con il disegno dei nuovi collegi, occorrerebbe far fronte ad una serie di adempimenti, quali ad esempio la revisione degli elenchi  elettorali, per cui la scelta potrebbe ricadere sulla seconda data.  Senza dimenticare la necessità di concedere tempi non particolarmente  stretti per la raccolta delle firme per la presentazione delle liste.

Difficile comunque che si vada oltre il 18 marzo, pur se da parte di  Forza Italia prosegue il forcing per ottenere un election day che  accorpi politiche, regionali e comunali. E anche alle forze che si  collocano alla sinistra del Pd non dispiacerebbe avere tempi più ampi  per organizzare schieramento e leadership.

Se non è difficile immaginare unire elezioni nazionali  con quelle in Lombardia, Lazio e Molise, dove già cinque anni fa si  votò il 24 febbraio contemporaneamente al rinnovo del Parlamento, più  difficile appare l’accorpamento con le amministrative, visto che in  base alla legge vanno inserite in una domenica tra il 15 aprile e il  15 giugno e quindi per votare a marzo occorrerebbe anticiparle  rispetto alla data prevista.

Si tratta allora di valutare se è possibile un election day da metà  aprile in poi. Anche qui occorre capire il ruolo che sono chiamati a  giocare i vari soggetti in campo, a cominciare dal Quirinale. La  scelta di un eventuale election day spetta al governo, ma se si  profilasse l’ipotesi di un voto a primavera inoltrata a quel punto  significherebbe arrivare alla scadenza naturale della legislatura.

Una possibilità che Mattarella non esclude a priori, a patto però che  ci siano presupposti e soprattutto provvedimenti che consentano al  Parlamento di continuare a lavorare, quindi non solo biotestamento e  ius soli di cui si parla insistentemente da settimane e che  eventualmente, se ce ne fosse la possibilità, potrebbero essere  approvati entro Natale o subito dopo.

Viceversa, scioglimento e voto a marzo appaiono una  strada inevitabile, proprio perchè mancherebbero le condizioni per il  proseguimento della legislatura. E questo non perchè dal Colle si  vogliano accelerare i tempi per poter creare i presupposti per nuove  elezioni prima dell’estate, entro giugno, se dall’esito delle urne  risultasse impossibile dar vita ad un nuovo governo.

I tempi per l’insediamento del nuovo Parlamento e per verificare la  possibilità di creare un nuovo governo, soprattutto in presenza di una situazione complessa, non potrebbero infatti esaurirsi nel giro di  pochissime settimane per tornare quindi subito al voto.