Le Metamorfosi di Ovidio. Poesia e logica del cambiamento, giovedì 11 al Centro Congressi Federico II.

Giovedì 11 maggio 2017, al Centro Congressi federiciano di Via Partenope 36, alle ore 20.30, per il ciclo di incontri “Come alla Corte di Federico II – ovvero parlando e riparlando di scienza”, Arturo De Vivo, Prorettore dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, e Giuseppe Zollo, Professore di Ingegneria economico-gestionale dell’Ateneo, parleranno di: “Le Metamorfosi di Ovidio. Poesia e logica del cambiamento”.

I classici sono materiale radioattivo. Continuano a irradiare energia dopo centinaia d’anni. E nel caso delle Metamorfosi di Ovidio, dopo duemila anni dalla morte dell’autore.

Ovidio compone le Metamorfosi poco prima di essere spedito da Augusto in esilio a Tomi, una piccolissima cittadina sulle sponde del Mar Nero, praticamente ai confini del mondo. Una relegatio dolorosa e solitaria per un poeta avvezzo alla vita di corte e alla tumultuosa società della capitale. Forse le Metamorfosi non sono estranee alla crudele punizione. Perché le Metamorfosi, al pari dell’Eneide, avrebbero dovuto immortalare il compimento della storia: la realizzazione della nuova età dell’oro e glorificazione del suo artefice, l’imperatore Caio Giulio Cesare Ottaviano Augusto. Una storia che non è solo umana. Ha inizio dal caos primordiale, dove tutto è solo un miscuglio di frammenti di cose discordanti (discordia semina rerum), e termina con l’ordine universale imposto dal nuovo principe. Ma un poema celebrativo non è nelle corde del poeta. Liquida la glorificazione di Augusto in pochi formali versi finali, dopo aver dedicato molto più spazio a Cesare. Riservando per sé la scena finale con una singolare conclusione: “ovunque si estenderà la potenza di Roma il popolo mi leggerà per tutti i secoli a venire e, se c’è qualcosa di vero nei presagi dei poeti, vivrò”. In altre parole il poeta afferma: “caro Augusto, grazie per aver conquistato il mondo, così mi hai dato un vasto pubblico per la mia gloria eterna”. Diciamo la verità, l’esilio se l’è proprio cercato!

Ciò che rende eterne le Metamorfosi è ciò che sta nel mezzo. Una visione del mondo espressa da Pitagora, il vero eroe a cui è dedicato la maggior parte dell’ultimo capitolo: Omnia mutantur, nihil interit. […] Cuncta fluunt, ominisque vagans formatur imago. Che possiamo tradurre più o meno così: “Tutto muta, niente perisce. […] Tutto fluisce e ogni immagine assume una forma vagante”. Due versi paradossali. “Ciò che muta non perisce. Nel mutamento le forme sono instabili”. E, ovviamente, spuntano le domande: che cosa non perisce nel mutamento? Vi è dunque qualcosa che rimane? E che cosa? E cosa vuol dire forma vagante? Cos’è che vaga?

Le circa 250 metamorfosi descritte nei quattordici capitoli precedenti sono le risposte del poeta a queste domande. Trasformazioni che legano insieme dei, uomini, animali, vegetali e minerali. Tutti partecipi di un misterioso tessuto cosmico. Tutti manifestazioni di una stessa energia vitale.

Un mondo mitico che invia un messaggio di una sorprendente attualità a tutti noi che ogni giorno sperimentiamo individualmente e collettivamente una realtà che ha nella fluidità e instabilità i suoi caratteri dominanti.

l programma, i video ed altre informazioni sono reperibili sul sito web di Ateneo www.f2cultura.unina.it

L’evento sarà trasmesso in diretta streaming sul canale YouTube di Come alla Corte https://www.youtube.com/channel/UCmeZIFuEq-sIcpR9AoavEKQ