Ancora un medico aggredito, la denuncia di Medici senza Carriere.

da Medici senza Carriere riceviamo e pubblichiamo

Riceviamo la lettera del Dr. R.D.B., Medico di Famiglia di Napoli, con studio
professionale nel quartiere di Fuorigrotta.

“Premetto di svolgere attività professionale, con Studio in Napoli alla via Consalvo n. 93/B, quale medico di base convenzionato con la A.S.L. Napoli 1 Centro, Distretto Sanitario n. 25.
Ho sempre esercitato la professione medica con dedizione, allo scopo di offrire ai miei pazienti la migliore assistenza possibile, nonostante le croniche difficoltà dovute alla mancanza di personale, che, notoriamente, affliggono il Servizio Sanitario della nostra Regione.

Nella mattinata di ieri, 24/5/22, alle ore 10:50 circa, si presentava al mio Studio la Sig.ra M.R.C., alla quale era stato fissato appuntamento per le ore 11:00, per effettuare un primo incontro conoscitivo.

Ho ricevuto la Sig.ra Crasto all’orario stabilito e, dopo avermi esibito la propria documentazione clinica, nonché quella del marito, la stessa mi chiedeva se era possibile trasmettere direttamente al centro di analisi, presso il quale intendeva eseguire gli esami clinici, tutte le ricette rilasciate al marito, persona sottoposta a dialisi.

In un primo momento, ritenendo che tale procedura non fosse lecita, rispondevo alla signora che non potevo provvedere alla trasmissione delle ricette; tuttavia, allo scopo di acquisire maggiori informazioni, convocavo nella mia stanza la segretaria dello Studio, Sig.ra G.I., alla quale chiedevo delucidazioni a riguardo.

La Sig.ra I. mi riferiva che, secondo una nota diffusa dalla A.S.L. Napoli 1 Centro, ai medici di base è consentita la facoltà di trasmettere le prescrizioni ai centri convenzionati; pertanto, diversamente da quanto affermato poco prima, riferivo alla Sig.ra C. che avrei provveduto all’invio delle ricette.

Ciò nonostante, la donna iniziava a dolersi delle difficoltà riscontrate per contattare
telefonicamente il mio Studio, lamentando il fatto che, a suo avviso, il servizio era troppo lento.

A tali doglianze, replicavo garbatamente, facendo osservare all’assistita che alcuni problemi era contingenti, poiché derivavano dal fatto che numerose persone, già assistite dal collega
D’.A., andato in pensione da pochi giorni, avevano deciso di rivolgersi al mio Studio; tuttavia, tentavo di rassicurarla, dicendole che, superata la fase iniziale, la situazione si sarebbe certamente normalizzata.

Le mie osservazioni non bastavano a tranquillizzare la signora, atteso che la stessa continuava a lamentarsi, peraltro in modo arrogante e del tutto pretestuoso.

Di fronte a tale comportamento, rappresentavo alla Sig.ra Crasto che, se preferiva, era libera di rivolgersi ad altro medico di base; in particolare, le segnalavo che non avrebbe avuto alcun
problema, atteso che, disponendo già di tutte le ricette di cui necessitava (sufficienti a coprire il periodo di cura di un mese), aveva il tempo sufficiente per individuare altro medico.

A questo punto, la paziente decideva di andarsene e, mentre abbandonava lo Studio, incurante della presenza di altri assistiti, iniziava a proferire espressioni offensive nei miei riguardi, minacciando addirittura di denunziarmi (?!).

Trascorsi circa trenta minuti, la donna si ripresentava allo Studio, ma questa volta in compagnia del marito, il Sig. R.T., il quale, pretendendo di essere ricevuto prima degli altri assistiti in attesa, iniziava subito ad aggredirmi verbalmente, intimandomi di rilasciargli alcune prescrizioni.

Nel tentativo di riportarlo alla calma, rappresentavo al Sig. T. la inopportunità di tale
atteggiamento, soprattutto in ragione del fatto che si trovava in uno Studio medico, dove erano presenti altre persone; quindi, gli spiegavo che non potevo rilasciare altre ricette, poiché già era in possesso delle prescrizioni, già rilasciategli dal precedente medico curante.

A questo punto, il Sig. T., affermando di essere persona sottoposta a dialisi e, quindi, a suo dire, titolare di diritti prevalenti rispetto a quelli degli altri assistiti presenti, si avventava contro di me e mi colpiva in pieno volto con uno schiaffo, che sferrava con la mano destra indirizzata alla parte sinistra del mio viso.

Il dolore avvertito al volto e al collo, causato dalla violenta aggressione, è stato notevole, diventando sempre più intenso con il trascorrere del tempo.

Infatti, terminata l’attività ambulatoriale, alle ore 14:30 circa, ero costretto a recarmi presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale San Paolo, dove i sanitari mi riscontravano un trauma craniofacciale, rilevando iperemia e gonfiore dello zigomo e della regione temporale sinistra, con una prognosi di giorni 10 s.c.

Ciò che desta maggiore allarme, tuttavia, è la circostanza che, durante l’accesso in Pronto
Soccorso – in particolare, mentre il medico di p.s. era impegnato nella compilazione del referto, compariva nuovamente il Sig. T., che, fissandomi negli occhi, non esitava ad aggredirmi nuovamente, rivolgendomi gravi espressioni di minaccia.

Invero affermava di non avermi “rotto la faccia”, ma che, una volta che sarei uscito dall’ospedale, avrebbe “terminato il lavoro”; in tal modo, lasciando chiaramente intendere che era sua intenzione usare di nuovo violenza nei miei confronti.

Le minacce proferite dal Sig. T.mi hanno profondamente turbato, tanto da impedirmi di
allontanarmi da solo, atteso il fondato timore di subire altre aggressioni.

Infatti, mi rivolgevo all’infermiere di turno e al collega che mi aveva prestato soccorso, invitandoli a richiedere l’immediato intervento delle forze dell’ordine.

Le modalità con cui si sono svolti gli ulteriori fatti sono indicative della determinazione e della
particolare pericolosità manifestata dal Sig. ., che, intenzionato ad aggredirmi ancora, ha proseguito ad indirizzarmi espressioni di minaccia anche alla presenza del personale del
Commissariato P.S. San Paolo.

Peraltro, la circostanza che il Sig. T. risieda nelle immediate vicinanze del mio Studio
professionale, mi induce a ritenere concreto il pericolo che egli reiteri analoghi episodi di violenza nei miei confronti.”

Oramai siamo all’assurdo! Quotidianamente assistiamo ad un escalation di violenza nei confronti dei medici di medicina generale.

A meno di una settimana dal ferimento del medico di Continuità Assistenziale di Melito, di nuovo un grave fatto che vede come protagonista un medico di medicina generale.

I medici, oramai, sono vittime di continue prepotenze da parte di una certa utenza, aggressiva, che vede il proprio medico di famiglia come un erogatore di servizi gratuiti e non come un punto di riferimento sanitario a cui rivolgersi in caso di bisogno.

Eppure il medico di medicina generale è il primo punto di accesso al Sistema Sanitario Nazionale; è colui il quale pende in carico i pazienti con patologie croniche per monitorarli e seguirli nel tempo.

Perché, allora, un cittadino si scaglia violentemente contro chi lo cura? Quali sono le cause che scatenano rabbia e, quindi, aggressioni che possono sfociare in episodi tanto volenti?
Facciamo un’analisi per comprendere il fenomeno. Il cittadino, quando discute con il proprio
medico di famiglia, è quasi sempre per ragioni di natura burocratica, come la mancata ricettazione di un farmaco, la mancata emissione di un certificato tematico e, quasi sempre, tali documenti sono richiesti al medico di medicina generale poiché un altro medico di un altro settore del Sistema Sanitario regionale li ha omessi. Sicuramente può capitare che un medico ospedaliero, specialista convenzionato ASL o qualsiasi medico specialista, e non, per fretta o per accumulo di lavoro, gli possa sfuggire di ottemperare un proprio atto di natura burocratica; di conseguenza tale atto ricade sul medico di medicina, da cui il cittadino, confuso e arrabbiato, può sfogare la sua rabbia, e pretende ciò che spesso proprio quel medico non è tenuto a fare.
Ciò è conseguenza di una mala consuetudine che si è radicata negli anni, tanto da far diventare l’eccezione (omissione da parte dei medici ospedalieri, convenzionati ASL e specialisti in strutture convenzionate e private) la regola e, quindi, anche per la propensione dei medici di medicina generale ad aiutare la gente e non creargli disagi, un corretto diniego viene percepito dal Cittadino come una negazione di un diritto.
Tale modus operandi è diventato addirittura un prassi consolidata che, oramai, i medici specialisti, che forse, piuttosto che documentarsi, leggendo i propri contratti e tutta la normativa in merito, si affidano al sentito dire e al tramandamento da parte dei colleghi più anziani, tanto da inviare i pazienti dal medico di medicina generale per atti, rifiutati o omessi, esponendosi quotidianamente a denunce per omissioni e rifiuti d’atto di ufficio.
Il paradosso è che se un medico di famiglia fa notare al collega specialista di non aver
ottemperato ad un proprio dovere, spesso si ritrova con una litigata, con atteggiamento al limite dell’arroganza, piuttosto che ad una richiesta di scuse.
In Campania c’è bisogno di ORDINE ed EDUCAZIONE SANITARIA nel Sistema Sanitario
regionale, prima di arrivare all’irreparabile!
Ci appelliamo al Presidente De Luca, affinché con una incisiva azione amministrativa,
confrontandosi con la Categoria, possa fare in modo che ogni attore del Sistema Sanitario svolga i propri compiti, senza scaricarli su altri. A tal proposito abbiamo apprezzato l’annuncio di Regione Campania di istituire una piattaforma informatica entro luglio affinché i medici specialisti, operanti nelle strutture sanitarie campane, debbano emettere ricette dematerializzate, come già avviene in molte altre regioni italiane.
Rivolgiamo il medesimo appello agli Ordini dei Medici-Chirurghi delle cinque province campane,
affinché vigilino sull’esatta applicazione delle norme nazionali e regionali, affinché i medici
possano lavorare in sicurezza ed essere tranquilli di esercitare la loro Professione, il cui principale compito è la Tutela della Salute dei Cittadini, nel pieno rispetto dei doveri e diritti deontologici.

Un appello alle Direzioni Generali e Sanitarie delle sette AASSLL campane affinché ogni medico e operatore socio sanitario sia messo in condizione di esercitare i propri compiti, assicurandone i diritti civili e contrattuali.
Concludiamo con un appello al Ministero della Salute e al Parlamento, affinché ogni medico
possa essere riconosciuto, nell’esercizio delle sue funzioni, un Pubblico Ufficiale e che i certificati telematici di malattia siano, per i primi cinque giorni, su base autocertificativa, così come è nel resto d’Europa.
25/05/2022
Medici senza Carriere